mercoledì 2 luglio 2014

La valutazione dello sviluppo metalinguistico per bambini dai 4 ai 6 anni: il TAM1 (di Stefano Cifelli)

La valutazione dello sviluppo metalinguistico per bambini dai 4 ai 6 anni: il TAM1

“Qualche volta i bambini non mangiano la minestra”

(Un contributo sperimentale per lo studio dello sviluppo metalinguistico dei bambini)
di Stefano Cifelli



1.      INTRODUZIONE



1.1  Lo sviluppo metalinguistico: una definizione ed una rassegna dei principali contributi scientifici sul tema.

Comunemente si parla di metalinguistica secondo due accezioni: metalinguistica come funzione e come competenza. Entrambe hanno ad oggetto il linguaggio, ma rimandano a due differenti descrizioni. Più in dettaglio, per funzione metalinguistica si intende la proprietà della lingua di descrivere il proprio funzionamento (una definizione esaustiva si trova nel modello di Jakobson[1]); per competenza metalinguistica si fa riferimento alla capacità di descrivere i meccanismi di funzionamento della lingua. Tale competenza rientra in quella  comunicativa e si realizza in atti comunicativi ,quali chiedere e dire come si dice una parola o come si chiama un oggetto in lingua straniera, chiedere di ripetere, chiedere una spiegazione lessicale; nell'insegnamento delle lingue la competenza metalinguistica è essenziale per facilitare il compito e richiede l'uso di una terminologia specialistica ("nome", "aggettivo", "soggetto", ecc.).

La materia è stata oggetto di approfondimento da parte di varie discipline scientifiche, a partire dalla seconda metà degli anni settanta[2]: la linguistica, la psicolinguistica evolutiva, la psicopedagogia del linguaggio, ed altre.

Si deve alla prima disciplina sopra menzionata la creazione del termine “metalinguistica”. L’attività del linguista è quella di individuare parole che si riferiscono ad altre parole; in breve, fornisce una descrizione di come è fatta una lingua, di articolare i rapporti tra lessico, sintassi, semiotica, ecc.: in definitiva, la lingua classifica e concettualizza sé stessa. Citando qualche esempio, nella nostra lingua incontriamo spesso parole come “aggettivo”, “sintassi”, “semiotica”, le quali descrivono insiemi di parole che hanno determinate caratteristiche.

Il lavoro del linguista fornisce un valido ausilio allo psicologo, nel senso di  facilitarne lo studio dei meccanismi di funzionamento dell’attività cognitiva di riflessione su certi usi del linguaggio.

Il settore della psicolinguistica evolutiva è stato particolarmente ricco di contributi scientifici, che hanno indagato vari aspetti dello sviluppo metalinguistico, a partire dalla definizione di criteri validi che possano permettere di riconoscere un primo apparire di condotte metalinguistiche in un bambino; si è cercato di individuare i cambiamenti evolutivi lungo l’arco di vita delle abilità metalinguistiche; si è discusso se possa parlarsi di un’abilità metalinguistica globalmente intesa, oppure di una serie di singole abilità; ci si è domandati se lo sviluppo metalinguistico nasca più o meno contemporaneamente alle prime parole pronunciate dal bambino, oppure più tardi. Questi settori di indagine, sono solamente alcuni, citati a titolo esemplificativo, dei quali si occupa la psicolinguistica. Lo psicolinguista è quindi uno psicologo che studia i processi cognitivi (percezione, attenzione, ecc.) in rapporto al linguaggio.

Nel periodo che va dai 4 ai 6 anni, i bambini compiono un passaggio evolutivo fondamentale: iniziano ad utilizzare il linguaggio non più esclusivamente come strumento di comunicazione, ma anche come oggetto di riflessione. Si realizza, in altre parole, uno sviluppo metalinguistico.

Diversi autori hanno lasciato contributi importanti allo studio del problema; qui di seguito se ne citeranno alcuni, tra i più importanti.

Piaget è stato uno dei pionieri nello studio del bambino, e ci ha lasciato un’opera consistente sia per quantità che per la levatura scientifica dei suoi scritti. L’autore sostiene che tra il linguaggio e il pensiero esiste una circolarità genetica: più il pensiero si raffina, più il linguaggio è necessario al completamento del sistema delle operazioni (egli distingueva tra operazioni astratte e formali, tipiche di due distinte fasi dello sviluppo epigenetico). Ma sia il pensiero sia il linguaggio dipendono dall'intelligenza stessa, che è anteriore al linguaggio e da lui indipendente. Tale posizione fu in seguito criticata, evidenziando in particolare che Piaget non fornisce una definizione di intelligenza[3].

Anche uno studioso russo, Vygotsky, si era occupato dell’argomento. Egli, a differenza di Piaget, sosteneva che il pensiero, e quindi il linguaggio, si formano e si sviluppano grazie al supporto educativo che il bambino riceve dall’esterno (in tal senso la scuola avrebbe un ruolo educativo non indifferente). Quindi il pensiero ed il linguaggio non sono un qualcosa di geneticamente innati, in base ai quali la scuola non deve fare altro che fornire al bambino sostegni educativi che assecondino tale sviluppo; al contrario, la scuola, come chiunque altro fornisca supporto educativo al bambino, ha un ruolo attivo, di costruzione cooperativa delle abilità cognitive dell’allievo.

Altri autori, più di recente hanno fornito altri contributi, che ruotano attorno alle idee di Piaget e Vygotsky. In particolare si esamineranno qui di seguito autori neopiagetiani, vygotskiani, e della c. d. Scuola di Ginevra.

Secondo alcuni studiosi[4], il metalinguaggio sarebbe contemporaneamente incluso nella categoria generale della metacognizione al pari della metamemoria, del meta-apprendimento, della meta-attenzione e della metacognizione sociale, ed includente a sua volta le seguenti aree specifiche: la consapevolezza fonologica, la consapevolezza della struttura dei segni, la consapevolezza della struttura frasale, e la consapevolezza pragmatica. In base a tale modello, giungono alla conclusione che tutte le attività mentali (compresa quindi l’abilità metalinguistica), nel corso dello sviluppo, subirebbero un cambiamento evolutivo grazie ad un aumento delle capacità generali di elaborare informazioni. Questo modello si uniforma per certi versi alle tesi innatiste di Piaget, inerenti lo sviluppo psichico superiore. Inoltre, trova un valido supporto anche alle idee di Flavell[5], che definisce la metacognizione come “quella conoscenza o cognizione che prende ad oggetto o regola ogni aspetto di ogni sforzo cognitivo”, e tale capacità sembra emergere nel periodo dello sviluppo che va dai 4 anni ai 8-9 anni circa. In altre parole, a quell’età il bambino sarà capace di dirigere e controllare pienamente il dispiegamento della propria attenzione; così un buon sistema attentivo guarderà solo dove esso vuole, discriminerà ed identificherà solo la porzione che desidera di ciò che vede, e darà piena attenzione cognitiva (nella percezione, nel pensiero, nella memoria) solo alla porzione desiderata di ciò che discrimina ed identifica[6].

Merita infine un accenno il lavoro svolto da due ricercatrici sud americane, Ferreiro e Teberosky, le quali approntarono ed implementarono per conto del governo un programma di alfabetizzazione destinato alla popolazione messicana delle zone rurali. Le due studiose neopiagetiane ci hanno lasciato una valida opera sulla costruzione della lingua scritta nel bambino in età prescolare. [7]         

Altri autori, di matrice Vygotskiana, forniscono altre spiegazioni. Infatti, ridimensionano il ruolo dello sviluppo epigenetico, e attribuiscono ai sistemi educativi, compresa in particolare la scuola, un ruolo di primo piano per l’acquisizione dello sviluppo metalinguistico. La Donaldson[8], in particolare, sostiene che l’emergere dell’abilità metalinguistica è favorito dall’acquisizione dei principi della letto-scrittura. Inoltre, la scuola allena al pensiero ed al linguaggio decontestualizzati, il bambino impara ad andare oltre al “qui ed ora”: è capace di parlare e di pensare per esempio, a fatti avvenuti in passato o che presumibilmente avverranno, è capace di riferirsi a persone e oggetti non presenti in quel momento alla sua vista. In sintesi ribalta la conclusione a cui erano giunti gli autori neopiagetiani sopra menzionati: la consapevolezza metalinguistica genera le altre attività metacognitive, quindi non è collocabile al loro stesso livello gerarchico, come nel modello di Tunmer, Pratt e Herriman.

I risultati sperimentali sembrerebbero favorire a volte l’una e altre volte l’altra tesi.

A favore della tesi neopiagetiana, concordano alcuni disegni di ricerca effettuati con bambini di scuola materna e adulti non alfabetizzati. In particolare, si è visto che possiedono già una qualche forma di competenza metalinguistica, sviluppatasi presumibilmente grazie all’ausilio della lingua parlata.

Altri esperimenti effettuati dal sociologo Bernstein, hanno invece favorito le tesi vygotskiane. In particolare, Bernstein ha analizzato il linguaggio in rapporto alla classe sociale di provenienza dei bambini presi a campione. Egli ha dimostrato che il bambino della classe proletaria non ha un linguaggio decontestualizzato (in particolare l’autore parla di codice ristretto e codice articolato, per distinguere rispettivamente il linguaggio contestualizzato da quello decontestualizzato).

Tra le due correnti di pensiero, quella neopiagetiana e quella vygotskiana, fin qui esaminate, ve ne sarebbe una terza, intermedia tra le due, cosiddetta della Scuola di Ginevra, i cui maggiori esponenti sono Bonnet, e Tamine-Gardes[9].

Tali studiose hanno basato le loro ricerche su osservazioni naturalistiche in condizioni semistruttturate. Dalle ricerche è emerso che già intorno ai 5 anni di età, e cioè poco prima dell’alfabetizzazione, si nota una prima forma di metalinguistica. Inoltre, a sostegno delle loro ricerche, forniscono una serie di tre criteri in base ai quali valutare la presenza o meno della consapevolezza metalinguistica: 1) il bambino sa distinguere tra forma e significato di una parola (in caso negativo si ricade nel realismo nominale di Piaget); 2) è capace di segmentare le parole, identificando correttamente morfemi e sillabe; 3) sa distinguere, nelle parole, ciò che appartiene ad un codice comune, condiviso dalla collettività, e ciò che appartiene ad un codice individuale (stile personale di linguaggio).

Secondo le autrici di scuola ginevrina queste tre caratteristiche si riscontrano nei bambini già prima della fase della letto-scrittura.

Concludendo il discorso iniziato poco sopra, sulla tripartizione linguistica, psicolinguistica e psicopedagogia del linguaggio, si può affermare che il compito di chi lavora in quest’ultimo campo è quello di acquisire le conoscenze del linguista e dello psicolinguista, al fine di implementare un dato programma educativo.



1.2 Bilinguismo e sviluppo metalinguistico

Gli anni ’60 segnano uno spartiacque tra due concezioni opposte afferenti il bilinguismo: fino a quel momento la concezione prevalente era improntata su una visione negativa dello stesso. In altre parole, si pensava che i bilingui erano maggiormente esposti a rischi di insuccesso scolastico e professionale. Ovviamente tale concezione non aveva di per sé alcun fondamento scientifico: le ragioni erano prettamente politiche e sociali. Infatti, si era diffusa in America, paese soggetto a forte immigrazione, la quale fu ritenuta la principale causa di grandi tensioni sociali. Così il Governo, tramite una disinformazione sul bilinguismo, tendeva a scoraggiare le unioni miste.
A partire dal 1962 avviene la svolta: viene pubblicata in America una traduzione di un’importante opera, “Pensiero e linguaggio” del russo Vygotsky; inoltre in quegli anni il cognitivismo vive il suo periodo di massima diffusione, e le opere di Piaget, altro eminente studioso europeo, vengono tradotte in inglese ed introdotte nell’editoria americana.
Così vengono avviate una serie di ricerche volte, stavolta, ad illustrare i vantaggi del bilinguismo: si dimostrò che i bilingui sono più avanzati in termini di capacità di astrazione, che il loro ragionamento è più analitico e flessibile (in tale occasione venne coniato il termine di “flessibilità cognitiva”[10]).
Venendo ora al tema oggetto del presente lavoro, sono stati effettuati esperimenti per valutare lo sviluppo metalinguistico in soggetti bilingui. I primi risultati hanno concordato con una loro superiorità intellettiva rispetto a soggetti non bilingui.
Dopo i primi entusiasmi del momento, altri esperimenti successivi hanno ribaltato i risultati di quelli precedenti. Ciò non significava, nei termini che si preciseranno nel proseguo di questo articolo, che tutto il lavoro svolto inizialmente era da non considerare valido.
Si dimostrò, infatti, che gli esperimenti successivi avevano trascurato alcune variabili importanti, e quindi i risultati non erano validi.
In particolare, alcuni studiosi[11] criticarono tali esperimenti, facendo ricorso alla c. d. “Teoria delle soglie”. Questa teoria utilizza la metafora della casa a più piani, al fine di descrivere il livello di conoscenza di due lingue: al piano terra si colloca una conoscenza bassa di entrambe; al primo piano si ha una buona conoscenza di una lingua e una non buona di una seconda, e così via, fino ad arrivare all’ultimo piano, dove si situano i bilingui con buona conoscenza di entrambi gli idiomi.
Applicando tale modello ai risultati sperimentali, si ha che al livello più basso, dove si riscontrano soggetti con basso rendimento scolastico e basso livello di conoscenza di entrambe le lingue, corrispondono bambini emigrati che non hanno occasione di parlare più la loro lingua di origine, e che non ricevono adeguato supporto per imparare la lingua del paese ospitante. Al livello medio si situano bambini che hanno frequenti occasioni di parlare la loro lingua madre in famiglia, ad esempio, oppure che hanno ricevuto un valido sostegno per apprendere la nuova lingua; intorno alla lingua perfettamente padroneggiata si sviluppano così le attività cognitive di base. Al livello alto si situano, infine, bambini con buona conoscenza di entrambe le lingue, attorno alle quali si sviluppano, indifferentemente su entrambe, le attività cognitive di base.
Peal e Lambert forniscono inoltre una loro spiegazione sulla flessibilità cognitiva dei bilingui: un oggetto (significante) acquisisce, nei bilingui, due significati; quindi il bambino bilingue si rende conto molto prima di altri bambini, che la parola non è  altro che una etichetta (si rammenti il discorso sul realismo nominale di Piaget); si rendono conto, inoltre, che una stessa parola può esistere in due lingue diverse, assumendo significati diversi, oppure che esistono parole che assumono significati diversi a seconda della lingua (es. burro, in italiano ed in spagnolo). In definitiva, il bilingue ha una visione più distaccata, ha una consapevolezza metalinguistica precoce.
Il linguaggio interiore del bilingue ricorre indifferentemente all’una o all’altra lingua conosciute, varia cioè secondo le contingenze del momento (flessibilità cognitiva). In una recente ricerca su bambini emigrati in Italia, si è osservato che la lingua parlata in casa è sempre la lingua del paese d’origine; tuttavia “i nati in Italia affermano di esprimersi spesso in italiano anche con i genitori, di saper capire la lingua d’origine ma non di saperla scrivere e usare correttamente: questo è particolarmente vero per il cinese e l’arabo, mentre queste difficoltà sono, per ovvie ragioni, minori per chi parla lingue neolatine come lo spagnolo. L’utilizzo della lingua costituisce spesso uno spartiacque tra lo spazio pubblico e quello privato: la lingua del paese d’origine è la lingua dell’affettività e dei ricordi, quella che mantiene le radici con il proprio luogo di provenienza e anche per i nati in Italia la lingua parlata in casa rappresenta il segno principale della loro differenza. Tra i nati in Italia però la lingua d’origine viene parlata quasi sempre solo con i genitori – spesso intercalata anche dall’uso della lingua italiana – con i fratelli invece l’italiano tende ad essere prevalente. Questo fa si che la lingua madre sia effettivamente identificata con la lingua delle proprie radici, piuttosto che con la lingua più famigliare. Solitamente i genitori ritengono molto importante che i loro figli non dimentichino la loro lingua madre e spesso (soprattutto i cinesi e i migranti di lingua araba) li spingono a frequentare corsi di lingua e scrittura. Molti giovani intervistati dichiarano che in famiglia si parla generalmente poco del paese d’origine, di conseguenza proprio la lingua – ascoltata anche nella musica o nei film importati – viene considerata il principale veicolo della memoria”[12].

Un altro aspetto positivo del bilinguismo da non sottovalutare è legato alla cultura: il bambino non assimila solamente dei codici verbali, ma anche altri tipi di codici, usi e costumi tipici di un certo paese, che possono essere considerati in definitiva come linguaggi non verbali.
In Italia, i primi studi sul bilinguismo, in particolare sulla sua valenza psicopedagogica, risalgono agli anni ’70, quando nelle scuole furono introdotti i primi curricoli bilingui. In particolare, Titone ha ricordato gli studi psicolinguistici sull'apprendimento precoce di una seconda lingua, dai quali emerge tra l'altro un maggiore sviluppo metacognitivo e metalinguistico dei soggetti che sono plurilingui dall'infanzia, indipendentemente dal livello sociale[13].
Ricerche più recenti effettuate in zone del Lazio considerate culturalmente svantaggiate (zona di Acilia, caratterizzata da un basso livello generale di istruzione), hanno evidenziato un risultato sorprendente. Bisogna premettere che la ricerca è stata svolta su scuole con insegnanti di madrelingua esperanto, con curricolo bilingue, e la somministrazione del test era basata sul TAM2, cioè si trattava di bambini di 9 – 13 anni. Ebbene, la ricerca ha dimostrato che i bilingui che vivono in zone culturalmente svantaggiate, presentano uno sviluppo metalinguistico (per quanto riguarda la lingua italiana) superiore ai bambini che vivono in altre zone[14].
Un altro esperimento ha riguardato una sensibilizzazione precoce al latino. L’indagine ha riguardato alcune scuole della città di Ragusa, gli strumenti di indagine erano il TAM2 ed il questionario di matematica. I risultati hanno evidenziato una correlazione positiva: ad una esposizione precoce alla lingua latina, corrispondeva un maggior punteggio nel test sulle abilità matematiche.
Infine, un altro esperimento in Abruzzo[15], condotto utilizzando il TAM2, ha dimostrato che gli alunni che studiano più di una lingua straniera, ottengono i punteggi più elevati nelle prove del test.        
Merita infine un rapido accenno la questione dei dialetti. Sul punto, bisogna dire che “linguisti autorevoli hanno dimostrato su basi linguistico-strutturali che i dialetti italiani sono lingue neo-latine autonome, in una posizione di varietà bassa verso la lingua nazionale, seguendo un tipico modello di diglossia. Nell’introduzione si sostiene che in contesti in cui nella prima infanzia vengono appresi contemporaneamente sia l’italiano che il dialetto, i bambini che sviluppano questi due codici devono essere considerati bilingui proprio come altri tipi di bilingui con due lingue nazionali”[16].

2.      La ricerca.

Il presente disegno di ricerca si basa su dati forniti da una mia collega, inerenti una scuola materna ed elementare del Comune di Marino (RM), ed un piccolo gruppo di bambini della scuola Montessori di Roma, frequentata da mia nipote. I bambini della Montessori appartengono al gruppo dei 4 anni; la somministrazione del questionario per loro è avvenuta a domicilio. Il progetto è stato costruito in tale maniera, viste le forti difficoltà operative che ho incontrato sul campo: i genitori dei bambini, ed a volte lo stesso personale scolastico, si sono mostrati fortemente avversi a far entrare, nelle scuole frequentate dai loro figli, chiunque non appartenga al personale didattico. Ho visto personalmente lettere con la raccolta di firme di genitori, indirizzate alle scuole, e riportanti tale esplicita volontà.
Di conseguenza, quello che ho potuto fare è raccogliere alcuni dati grezzi di bambini di una scuola in provincia di Roma, che mi ha fornito gentilmente una mia collega, la quale non ha avuto grossi problemi ad accedere agli edifici scolastici.
Inoltre, ho approfittato delle conoscenze da parte di mia sorella, di alcuni genitori di bambini che frequentano la scuola Montessori di mia nipote, ho potuto somministrare il questionario al domicilio di mia madre, quando erano presenti due amichetti di mia nipote. In questo modo sono riuscito a somministrare il questionario a tre bambini Montessori, compresa mia nipote. Di conseguenza, al fine di rispettare i requisiti di validità ed attendibilità del disegno di ricerca, ho dovuto necessariamente limitare i campioni riferiti alle altre fasce di età a soli tre soggetti per fascia. In tale prospettiva, ho dovuto omettere anche il calcolo della media e della deviazione standard, in quanto non significative in campioni poco numerosi.

2.1  Obiettivi ed ipotesi.

Considerando i dati a disposizione, l’obiettivo è quello di valutare l’emergere di una consapevolezza metalinguistica, che dovrebbe evidenziarsi più marcatamente nella fascia compresa tra i cinque ed i sei anni di età. Interessante rimane il confronto, nell’ambito della fascia di età di quattro anni, dei soggetti “Montessori”, rispetto a quelli “non Montessori”.



2.2  I soggetti della ricerca.



2.2.1        Il gruppo dei 4 anni

E’ costituito da due sottogruppi. Uno proveniente dalla scuola Montessori di Roma, si compone di 3 bambini, Giulia (4 anni e 8 mesi), Ambra (4 anni e 6 mesi), Gerardo (4 anni 5 mesi), inseriti nella stessa classe. Si tratta di bambini provenienti da una estrazione sociale medio alta (mia sorella è imprenditrice, gli altri genitori sono magistrati, funzionari pubblici, commercianti), l’età media risulta di 4,633, distribuita tra un minimo di 4,5 ed un massimo di 4,8. L’altro sottogruppo, composto sempre d tre bambini, Andrea (4 anni e 4 mesi) Filippo (4 anni e 5 mesi)  Sara (4 anni e 7 mesi), inseriti nella stessa classe. Sono bambini provenienti da una classe sociale media, con genitori impiegati in aziende private. l’età media risulta di 4,533, distribuita tra un minimo di 4,4 ed un massimo di 4,7.




2.2.2        Procedura applicata

Come sopra specificato, ho fatto ricorso a dati forniti gentilmente da una mia collega, i cui punteggi grezzi sono stati ricavati ricorrendo ad una procedura di validazione sopra descritta, al fine di ottenere un grado di accordo pari o superiore al 90%.

 

2.2.3        Il gruppo dei 5 anni

E’ composto da tre bambini, Giulia (5 anni e 4 mesi) Matteo (5 anni e 3 mesi)  Francesca (5 anni e 6 mesi), inseriti dalla stessa classe. Sono bambini provenienti da una classe sociale media, con genitori impiegati in aziende private. l’età media risulta di 5,433, distribuita tra un minimo di 5,4 ed un massimo di 5,6.



2.2.4        Procedura applicata

E’ quella descritta nel paragrafo 4.2.2



2.2.5        Il gruppo dei 6 anni

E’ composto da tre bambini, Alessia (6 anni e 5 mesi) Marco (6 anni e 6 mesi)  Serena (6 anni e 6 mesi), inseriti dalla stessa classe. Sono bambini provenienti da una classe sociale media, con genitori impiegati in aziende private. l’età media risulta di 6,566, distribuita tra un minimo di 6,5 ed un massimo di 6,6.



2.2.6        Procedura applicata

E’ quella descritta nel paragrafo 4.2.2



3.  Lo strumento d’indagine: il Tam-1

3.1 Obiettivi e destinatari.

Il Tam-1 (test di abilità metalinguistiche n. 1) è uno strumento di indagine psicologica utile per sondare la presenza o meno delle abilità metalinguistiche in bambini dai 4 ai 6 anni. In questo periodo di vita il bambino affronta il passaggio tra la scuola materna e quella elementare. Un esame delle abilità metalinguistiche durante questo passaggio permette, sia all’insegnante che allo psicologo, di individuare quali siano le capacità del bambino di manipolare determinati aspetti strutturali della parola; tali abilità costituiscono la base per un utilizzo della lingua in maniera sempre più indipendente dal contesto, in breve a comunicare meglio, sviluppando nel contempo le proprie capacità cognitive[17].

3.2 Struttura del TAM1

Il Test presenta 7 prove divise in 2 sezioni: una formata da 5 prove di carattere generale (MLG) e l’altra formata da 2 prove specifiche(MLS).

3.2.1 Le prove MLG.

Nelle prove MLG il bambino viene sollecitato a riflettere sui segni, intesi come veicoli di significati lessicali o grammaticali. Possono essere somministrate oralmente, eccetto le prove di Valutazione della lunghezza delle parole e di Segmentazione lessicale che, soprattutto con i bambini più piccoli, possono essere presentate anche per iscritto.

Le 5 prove sono composte ognuna da un numero di items variabile da 8 a 10.
La prima è quella dell’ordine delle parole; qui si presentano al bambino alcune frasi grammaticalmente non ordinate, nelle quali occorre riordinare articoli, verbi, soggetti, avverbi di negazione. Un’esecuzione corretta del compito, dimostra l’acquisizione da parte del bambino delle regole per costruire ed usare la lingua. Il punteggio massimo nella prova è 18. La seconda prova consiste nella valutazione della lunghezza delle parole. Richiede la capacità di riconoscere il contrasto tra le dimensioni del significante e quelle del referente. Questo può trarre in inganno i bambini soprattutto quando vengono presentate parole corte con referenti lunghi (es.: via) o parole lunghe con piccoli referenti (es.: temperamatite). Il punteggio massimo nella prova è 13.

La prova di segmentazione lessicale sonda, invece, la capacità dei bambini di riconoscere e quantificare il numero delle parole che formano una frase. Il punteggio massimo nella prova è 16.

La prova della rima indaga sulla capacità di riconoscere somiglianze fonetiche tra le parole sapendo tenere distinti significante – referente -significato. (Es.: Ti dico 3 parole che stanno bene insieme perché hanno lo stesso suono finale: cicala, pala e ala. Con queste 3 parole ci sta meglio formica o scala?). Il punteggio massimo della prova è 16.

Infine, nella prova della sostituzione dei segni si chiede ai bambini di sostituire delle parole con altre presenti nella frase presentata, contravvenendo quindi alle regole morfosintattiche. Qui il bambino è chiamato a dimostrare di aver appreso il carattere arbitrario del segno, che gli garantisce isolabilità, modificabilità e trasponibilità. (Es.: Facciamo finta che mela si dica cane e per dire la mela è sotto l’albero diremo: la cane è sotto l’albero). Il punteggio massimo della prova è 20.



3.2.2 Le prove MLS.

Nelle prove MLS, che vanno somministrate per iscritto, sono presi in esame la struttura ed il funzionamento dei segni. Queste prove, oltre a valutare il grado di familiarità del bambino con i segni grafici, misurano anche la comprensione del funzionamento di ogni grafema rispetto agli altri. La prima di queste due prove consiste nell’identificazione di parole stampate, lettere e numeri. Nella prova si chiede al bambino di riconoscere i diversi morfemi che gli vengono presentati: lettere, parole, numeri, che, in questo caso, diventano oggetti di riflessione. (Es.: Fai un cerchio intorno ad ogni parola nella striscia). Il punteggio massimo della prova è 18.

Nella seconda prova, invece, morfologia e funzione dei segni scritti, si indaga sulla capacità di riconoscere la leggibilità e la funzione di numeri, articoli, e punteggiatura, nonché la leggibilità di un testo ed il modo in cui si debba leggere. Il punteggio massimo della prova è 12. 









3.2.3 Modalità di somministrazione. 

Il Tam-1 è un test carta e matita; si somministra per lo più oralmente, ed individualmente. Per garantire una sufficiente concentrazione del bambino c’è bisogno di uno spazio isolato per evitare facili distrazioni. Ogni prova va somministrata entro un tempo massimo che varia a seconda della prova da 8 a 15 minuti. Con i bambini di 4 anni è preferibile somministrare le prove in due diverse sedute. Per i bambini di 5 e 6 anni le prove MLG possono essere somministrate anche in una sola seduta, eccetto casi particolari (spazio, tempo, stanchezza del bambino) e le prove MLS in un secondo incontro[18]. Delle 5 prove MLG 2 possono essere presentate oltre che oralmente anche per iscritto, specie con i bambini più piccoli. 



3.2.4 Modalità di valutazione.

La valutazione delle risposte si articola su 3 livelli: 0, 1 e 2. Il livello 0 corrisponde a quelle risposte che dimostrano quanto il bambino sia ancora lontano dal sistema in cui, invece, dovrebbe operare. Non risponde o non sa rispondere, dimostra di essere confuso, ripete la frase così com’è. Il livello 1 corrisponde a condotte di compromesso. I bambini iniziano ad intuire i principi che sottostanno alle prove, spesso con incertezza, e giustificano le proprie scelte. Il livello 2 corrisponde all’acquisizione delle capacità di dominare le dinamiche strutturali presenti nelle prove[19].

I criteri che sottostanno a questi tre livelli sono ispirati al concetto di equilibrazione[20] di Piaget, per il quale la conoscenza nasce come un problema nel momento in cui si presenta un conflitto. Per far fronte alle perturbazioni che scaturiscono da tale conflitto va cercato un nuovo equilibrio. Questo può avvenire con 3 tipi di regolazioni: di tipo alfa,  che consistono nell’ignorare il problema; di tipo beta, che consistono nel prendere atto del conflitto, senza possederne una visione generale, e procedere per aggiustamenti locali e successivi; di tipo gamma, in cui il conflitto viene ricomposto in maniera anticipata: è un livello ottimale, nel quale si realizza la consapevolezza metalinguistica.





4. I risultati



4.1  Il gruppo dei 4 anni



Si possono rilevare delle piccole differenze tra il gruppo Montessori e quello non Montessori. In linea generale il punteggio ottenuto rivela delle prestazioni leggermente superiori per il gruppo Montessori, in particolare per la valutazione lunghezza delle parole, dove i bambini Montessori, si situano complessivamente nel livello metalinguistico medio-superiore (Giulia e Ambra), che corrisponde a punteggi T superiori a 60 e minori o uguali a 70, a differenza dell’altro gruppo, situato nel livello medio (in riferimento sempre al sub test valutazione lunghezza delle parole).

4 anni, Montessori                                      4 anni, non Montessori


                          Giulia     Ambra    Gerardo                              Andrea   Filippo   Sara
Sostituz. segni       44           44           44                                      44         44       44

ordine parole          33           33           33                                      33         33       33


Segmentaz.           42           42          42                                       42         42       42
lessicale


valut.lungh.            63           63          60                                       60         57        60      
parole


Prova della            43           43          43                                        43         41       43
rima


identificazione       64           67          64                                        64          64       64              
stampati

morfologia            59            59          59                                        54          54        59 
segni



Nella tabella seguente, si riportano i dati relativi alle frequenze (in termini di numero di bambini), divise per sub test, relative alle risposte, ripartite per livello di punteggio (0, 1, 2):

                  4 anni, Montessori
4 anni, non Montessori

livello 0

livello 1

livello 2

livello 0

livello 1

livello 2


freq.
perc.
freq.
perc.
freq.
perc.
freq.
perc.
freq.
perc.
freq.
perc.
Sost.segni
3
100
0
0
0
0
3
100
0
0
0
0
ord.parole
3
100
0
0
0
0
3
100
0
0
0
0
seg.lessic.
3
100
0
0
0
0
3
100
0
0
0
0
val.lungh.par.
0
0
3
50
3
50
0
0
3
50
3
50
prova rima
3
50
0
0
3
50
3
50
0
0
3
50
identif.stamp.
3
33
3
33
3
33
3
33
3
33
3
33
morf.segni
3
33
3
33
3
33
3
33
3
33
       3
 33



con i grafici relativi:






Data l’esiguità del campione che ho potuto trattare, posso omettere il calcolo della media e della deviazione standard, data la loro scarsissima utilità in questa situazione. Come si nota dalla tabella delle frequenze, nelle prime tre prove del test (sostituzione dei segni, ordine delle parole, segmentazione lessicale), tutti i bambini intervistati da me e dalla mia collega hanno generalmente risposto “non lo so” a questo tipo di prove, oppure mostravano un comportamento imbarazzato, con sorrisi forzati, o con una condotta prossemica di evitamento.
La tabella seguente riassume la situazione relativa alle fasce di appartenenza, per ogni bambino,  relative allo sviluppo metalinguistico, suddiviso per singole prove:


Giulia
fascia
Ambra
fascia
Gerardo
fascia
sostituzione dei segni
44
media
44
media
44
media
ordine delle parole
33
medio inf.
33
medio inf.
33
medio inf.
segmentazione lessicale
42
media
42
media
42
media
valutaz. Lunghezza parole
63
medio sup.
63
medio sup.
60
media
prova della rima
43
media
43
media
43
media
identificazione stampati
64
medio sup.
67
medio sup.
64
medio sup.
morfologia segni
59
media
59
media
59
media




4.2  Il gruppo dei 5 anni


Si riporta qui di seguito la tabella con il punteggio, espresso in punti “T” relativamente al gruppo dei 5 anni:

5 anni, non Montessori

Francesca
Matteo
Giulia
sostituzione dei segni

99
92
95
ordine delle parole

48
51
51
segmentazione lessicale

54
52
54
valutaz. Lunghezza parole

57
43
60
prova della rima

45
45
49
identificazione stampati

52
57
57
morfologia segni

41
45
45

ed i dati relativi alle frequenze (in termini di numero di bambini), divise per sub test, relative alle risposte, ripartite per livello di punteggio (0, 1, 2):


livello 0
livello 1
livello 2

freq.
perc.
freq.
perc.
freq.
perc.
Sost.segni
1
33
1
33
1
33
ord.parole
0
0
0
0
0
0
seg.lessic.
2
50
1
25
1
25
val.lungh.par.
0
0
0
0
3
100
prova rima
1
25
0
0
3
75
identif.stamp.
2
35
1
15
3
50
morf.segni
2
27
2
27
3
46


ed il relativo grafico:


La tabella seguente riassume la situazione relativa alle fasce di appartenenza, per ogni bambino,  relative allo sviluppo metalinguistico, suddiviso per singole prove:


Francesca
Fascia
Matteo
fascia
Giulia
fascia
sostituzione dei segni
99
superiore
92
superiore
95
Superiore
ordine delle parole
48
media
51
media
51
Media
segmentazione lessicale
54
media
52
media
54
Media
valutaz. Lunghezza parole
57
media
43
media
60
media
prova della rima
45
media
45
media
49
media
identificazione stampati
52
media
57
media
57
media
morfologia segni
41
media
45
media
45
media


Da questa tabella si evince come, per la fascia dei 5 anni di età, lo sviluppo metalinguistica rientri complessivamente nel livello medio, tranne che per la prova di sostituzione dei segni, ove è presente uno sviluppo notevolmente superiore alla media.



4.3  Il gruppo dei 6 anni

Si riporta qui di seguito la tabella con il punteggio, espresso in punti “T” relativamente al gruppo dei 6 anni:





6 anni, non Montessori
Alessia
Serena
Marco
sostituzione dei segni

78
74
74
ordine delle parole

42
40
37
segmentazione lessicale

31
31
31
valutaz. Lunghezza parole

57
57
57
prova della rima

57
57
57
identificazione stampati

61
55
55
morfologia segni

19
19
19

dalla quale risulta immediato il dato relativo al sub test “morfologia dei segni”, in cui il punteggio conseguito rivela un deficit marcato nello sviluppo metalinguistico (punti T notevolmente inferiori a 30).
Qui di seguito si riportano poi i dati relativi alle frequenze (in termini di numero di bambini), divise per sub test, relative alle risposte, ripartite per livello di punteggio (0, 1, 2):


livello 0
livello 1
livello 2

freq.
perc.
freq.
perc.
freq.
perc.
sost.segni
1
33
1
33
1
33
ord.parole
0
0
0
0
3
100
seg.lessic.
0
0
1
25
2
75
val.lungh.par.
0
0
0
0
3
100
prova rima
0
0
0
0
3
100
identif.stamp.
0
0
2
75
1
25
morf.segni
0
0
1
25
2
75


ed il relativo grafico:




La tabella seguente riassume la situazione relativa alle fasce di appartenenza, per ogni bambino,  relative allo sviluppo metalinguistico, suddiviso per singole prove:


Alessia
fascia
Serena
fascia
Marco
fascia
sostituzione dei segni
78
Superiore
74
Superiore
74
Superiore
ordine delle parole
42
media
40
media
37
medio inf.
segmentazione lessicale
31
medio inf.
31
medio inf.
31
medio inf.
valutaz. Lunghezza parole
57
media
57
media
57
media
prova della rima
57
media
57
media
57
media
identificazione stampati
61
medio sup.
55
media
55
Media
morfologia segni
19
deficit
19
deficit
19
Deficit


In questa tabella si nota una situazione più “variegata” rispetto alla fascia di età dei 5 anni, nel senso che, in alcuni sub test, ci sono degli scostamenti rispetto alla media. In particolare, nel sub test “ordine delle parole”, è presente uno sviluppo metalinguistico medio inferiore, e nei sub test “valutazione lunghezza delle parole” e “identificazione stampati”, la situazione è ribaltata (sviluppo metalinguistico medio superiore).



4.4   Prospetto conclusivo dei risultati e confronti con l’ipotesi iniziale


Dall’esame congiunto dei dati, si può evincere come, partendo dalle premesse teoriche, i bambini esaminati evidenzino un emergere della consapevolezza metalinguistica già a partire dalla fascia di età dei 5 anni.
Come già accennato sopra, il gruppo Montessori ha rivelato uno sviluppo della consapevolezza metalinguistica leggermente superiore ai loro coetanei.
Un dato interessante emerge dal confronto delle tabelle delle frequenze percentuali relative alle fasce di età di 5 e 6 anni. In tale contesto, nei sub test “lunghezza delle parole” e “prova della rima”, il 100% degli intervistati ha riportato il punteggio massimo (punti 2).
Un altro dato singolare è relativo al sub test “morfologia dei segni”, dove nella fascia dei 5 anni corrisponde uno sviluppo metalinguistica medio, mentre nella fascia di età immediatamente successiva (6 anni) il livello di sviluppo risulta notevolmente al di sotto della media (19 punti!).


BIBLIOGRAFIA
  
M. Prada, Scrittura e comunicazione, coll. I Manuali, vol. I
M.A Pinto, La consapevolezza metalinguistica, Teoria, sviluppo, strumenti di misurazione, 1999
F. Aqueci, Linguaggio, cognizione, discorso in Jean Piaget, in Società di Linguistica Italiana, Linguaggio e cognizione, Atti del XXVIII Congresso, Roma, Bulzoni, 1997
Pascucci, M., Educazione, Contesti e processi, Roma, 2003, Carocci 
Iannaccone A., Fraternali O., Veccia R., “Flessibilità cognitiva ed educazione bilingue precoce”, Rassegna Italiana di Linguistica Applicata
M.A. Pinto, G. Candilera, La valutazione del primo sviluppo metalinguistica, Il TAM1, Francoangeli, 2000
P. Rebughini, I giovani di origine straniera a Milano: tra inserimento sociale e ricerca dell’identità, Working Papers del Dip.to di studi sociali e politici, n. 13/2004, Università degli Studi di Milano
Titone R., Bilinguismo precoce e educazione bilingue, Armando, Roma, 1972
Pinto M.A., Corsetti R., Ricadute metalinguistiche dell’insegnamento dell’esperanto sulla lingua materna dell’alunno: Un’esperienza nella scuola media italiana, in Language Problems & Language Planning, August 2001, vol. 25, no. 1, pp. 73-90(18)
Luigi M. Reale, Il bilinguismo precoce, in «Italianistica Online: portale di studi italianistici ideato e prodotto da Luigi M. Reale» (Sezione: Letture » Lingua italiana » Schedario), 3 Gennaio 2005,http://www.italianisticaonline.it/2005/01/03/valentini-bilinguismo/
M. A. Pinto, P. Iliceto, Influenze del bilinguismo italiano-dialetto sullo sviluppo metalinguistica. Ricerche in alcune regioni dell’Italia meridionale, in Ciclo evolutivo e disabilità, vol. 5, n. 1, I semestre 2003


[1] M. Prada, Scrittura e comunicazione, coll. I Manuali, vol. I , pag. 400
[2] M.A Pinto, La consapevolezza metalinguistica, Teoria, sviluppo, strumenti di misurazione, 1999
[3] F. Aqueci, Linguaggio, cognizione, discorso in Jean Piaget, in Società di Linguistica Italiana, Linguaggio e cognizione, Atti del XXVIII Congresso, Roma, Bulzoni, 1997, pp. 33-46
[4] Tunmer, Pratt, Herriman, in M.A Pinto, La consapevolezza metalinguistica, Teoria, sviluppo, strumenti di misurazione, 1999, pag. 16
[5] Flavell J.H., Cognitive Monitoring, 1981, in  in M.A Pinto, La consapevolezza metalinguistica, Teoria, sviluppo, strumenti di misurazione, 1999, pag. 16
[6] Flavell J.H., Cognitive Development, 1977, in  in M.A Pinto, La consapevolezza metalinguistica, Teoria, sviluppo, strumenti di misurazione, 1999, pag. 16
[7] Ferreiro E., Teberowsky A., La costruzione della lingua scritta nel bambino, Firenze, Giunti-Barbera, 1985, in M.A Pinto, La consapevolezza metalinguistica, Teoria, sviluppo, strumenti di misurazione, 1999, ed in Pascucci, M., Ceducazione, Contesti e processi, Roma, 2003, Carocci
[8] Donaldson M., Children’s minds, Glasgow, Collins, 1978, in M.A Pinto, La consapevolezza metalinguistica, Teoria, sviluppo, strumenti di misurazione, 1999, pag. 19
[9] Bonnet C.E., Tamine-Gardes, Quand l’enfant parle du language. Connaissance et conscience du language chez l’enfant, Bruxelles, 1984, in in M.A Pinto, La consapevolezza metalinguistica, Teoria, sviluppo, strumenti di misurazione, 1999, pag. 39
 [10] Iannaccone A., Fraternali O., Veccia R., “Flessibilità cognitiva ed educazione bilingue precoce”, Rassegna Italiana di Linguistica Applicata
[11] Peal E., Lambert W.E., The relation of bilingualism to intelligence, in M.A Pinto, La consapevolezza metalinguistica, Teoria, sviluppo, strumenti di misurazione, 1999
[12] P. Rebughini, I giovani di origine straniera a Milano: tra inserimento sociale e ricerca dell’identità, Working Papers del Dip.to di studi sociali e politici, n. 13/2004, Università degli Studi di Milano
[13] Titone R., Bilinguismo precoce e educazione bilingue, Armando, Roma, 1972
[14] Pinto M.A., Corsetti R., Ricadute metalinguistiche dell’insegnamento dell’esperanto sulla lingua materna dell’alunno: Un’esperienza nella scuola media italiana, in Language Problems & Language Planning, August 2001, vol. 25, no. 1, pp. 73-90(18)
[15] Luigi M. Reale, Il bilinguismo precoce, in «Italianistica Online: portale di studi italianistici ideato e prodotto da Luigi M. Reale» (Sezione: Letture » Lingua italiana » Schedario), 3 Gennaio 2005,http://www.italianisticaonline.it/2005/01/03/valentini-bilinguismo/
[16] M. A. Pinto, P. Iliceto, Influene del bilinguismo italiano-dialetto sullo sviluppo metalinguistica. Ricerche in alcune regioni dell’Italia meridionale, in Ciclo evolutivo e disabilità, vol. 5, n. 1, I semestre 2003
[17] M.A. Pinto, G. Candilera, La valutazione del primo sviluppo metalinguistica, Il TAM1, Francoangeli, 2000
[18] M.A. Pinto, G. Candilera, La valutazione del primo sviluppo metalinguistica, Il TAM1, Francoangeli, 2000, pag. 23
[19] M.A Pinto, La consapevolezza metalinguistica, Teoria, sviluppo, strumenti di misurazione, 1999, pagg. 42-43
[20] M.A. Pinto, G. Candilera, La valutazione del primo sviluppo metalinguistica, Il TAM1, Francoangeli, 2000, pag. 25


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