mercoledì 2 luglio 2014

La capacità di avere amici (di Stefano Cifelli)

Introduzione.

Nel presente lavoro si tenterà di illustrare come  il fatto di fare amicizia con i pari non sia così semplice e lineare come comunemente si crede, ma è un processo che richiede specifiche competenze, sia individuali che sociali. Quanto appena affermato è ben rappresentato dal titolo del presente lavoro, intitolato appunto “La capacità di avere amici”.

Costruirsi le proprie amicizie durante il periodo della vita che copre l’infanzia e l’adolescenza è importante: alcuni autori considerano tale evento un indice significativo del benessere psicologico dell’individuo ed anche uno dei principali fattori di prevenzione dal rischio psicosociale in tutto l’arco di vita[1] .
Le amicizie svolgono quindi una serie di funzioni di supporto, sia per l’individuo, che per il gruppo nel suo insieme. L’amicizia è un dialogo, nel quale l’individuo si scopre, mette a nudo il proprio io, e scopre sé stesso; nelle amicizie si dà qualcosa di sé, e si riceve altrettanto dagli altri. In tal modo vengono valorizzate le singole diversità all’interno del gruppo, e questo è un fatto di notevole importanza specie in una società come la nostra, che sta diventando sempre più multietnica. In tale contesto, i gruppi di amici, in sinergia con le istituzioni politiche e sociali[2], possono lavorare insieme per favorire i processi di integrazione tra le diverse culture, favorendo un atteggiamento che porti ad un reciproco avvicinamento, piuttosto che di ostilità e diffidenza.
Come si può facilmente intuire da quanto finora detto, sarebbe un errore grossolano pensare che l’adolescente interagisca esclusivamente all’interno del gruppo dei pari, dove è molto più facile instaurare rapporti amicali. Al processo di crescita individuale contribuiscono infatti altri contesti, il più importante dei quali è la famiglia; vengono poi le istituzioni sociali (la scuola in primis, le associazioni di quartiere, ecc.) e politiche. Si tratta, in sintesi, di un processo dinamico e circolare.
 

Che cos’è l’adolescenza

L’adolescenza è un periodo dell’arco di vita dell’individuo, normalmente compreso tra gli 11 ed i 18 anni (alcuni autori fanno un’ulteriore sottodistinzione, e parlano di pre-adolescenza, riferendosi al periodo compreso tra 11-13 anni[3]), caratterizzato da grandi mutamenti psichici e fisiologici. E’ un periodo, non privo di rischi e problematiche esistenziali[4], che segna il passaggio all’età adulta. 
Dal punto di vista psicologico, l’adolescente inizia un percorso che lo porterà a scoprire la propria identità, a definire chi è e che cosa vuole diventare.
In particolare, in modo differenziato a seconda il genere, l’adolescente inizia a scoprirsi come individuo a sé stante, a percepire la propria individualità. Tale processo inizia prima per le femmine, intorno ai 14-15 anni, e più tardi per i maschi, verso i 17-18 anni. E’ un periodo denso di episodi conflittuali con i propri genitori, che vengono percepiti generalmente come limitanti la propria autonomia. E’ pressoché inevitabile entrare in contrasto tra le due parti; è importante quindi, stabilire preventivamente tra genitori e figli un clima di reciproca fiducia e rispetto, limitando al massimo le paure  e le ansie da parte genitoriale, che possono innescare reazioni drastiche o fenomeni di controllo emotivo. L’individualizzazione è un processo necessario e fondamentale, che prepara l’adolescente ad entrare nel mondo adulto.
Altro fenomeno importante tipico dell’adolescenza (e non solo), è la nascita dei primi rapporti affettivi tra due persone, di solito del sesso opposto. Tale rapporto a due nasce solitamente all’interno del gruppo di amici. Inizia così un periodo di innamoramento, nel quale “l’amore ideale” viene proiettato sull’altro, che diventa l’oggetto esclusivo ed incondizionato di amore.
L’adolescente impara all’interno della coppia a costruire rapporti sempre più stabili e maturi, ed a gestire le emozioni. Anche tale fase di vita non è priva di eventi stressanti: l’adolescente deve affrontare l’eventualità che il rapporto finisca, oppure i divieti ed i tabù imposti dai genitori, o più lontanamente dalla società. In sintesi l’individuo è impegnato in un difficile lavoro di mediazione tra i suoi bisogni e quelli del gruppo sociale di appartenenza.
Importanza notevole per l’adolescente, come si è accennato in precedenza, riveste anche il gruppo dei pari: in particolare, il gruppo supporta il processo di individualizzazione. Nel gruppo vengono condivisi regole e valori comuni, avviene quasi una ripetizione, in un contesto differente, di quello che accadeva nei rapporti con i genitori: l’individuo per stare nel gruppo deve rinunciare a parte della propria individualità e condividere regole e valori, che vengono informalmente stabiliti all’interno del gruppo.


I rapporti amicali

Si possono distinguere a scopo esemplificativo i rapporti amicali, a seconda del contesto di riferimento, in: rapporti a due, rapporti di gruppo.
Nel primo caso, gli amici sono solitamente quelli del proprio stesso sesso, con cui si condividono interessi ed esperienze comuni.
In genere si privilegiano i rapporti con pochi coetanei, si dà importanza crescente ad alcuni aspetti tipici dell’amicizia, in particolare all’autenticità, all’intimità, all’accettazione reciproca e alla condivisione di gusti, valori e aspirazioni; in tale fase del ciclo di vita le amicizie assumono molte delle caratteristiche dell’innamoramento[5]. Il modo di vivere i rapporti amicali è differente a seconda il genere: per i maschi è importante condividere delle attività insieme agli amici, mentre per le femmine è importante scambiarsi confidenze. Le ragazze considerano basilare sentirsi comprese dalle amiche e le loro relazioni sono contraddistinte da maggiore intimità, i ragazzi sono più riservati. Questa differenza è la conseguenza di stereotipi culturali, per cui i ragazzi tenterebbero a rispecchiare i tratti considerati maschili dalla nostra società, quali la prestazione fisica o la competizione, mentre le ragazze si riconoscono in tratti psicologici considerati femminili, quali la disponibilità all’ascolto e alla comprensione degli stati d’animo altrui (empatia).
Altro contesto di relazioni amicali è il gruppo. Al suo interno i ragazzi condividono dei  valori comuni. L'adolescente, aderendo al gruppo, soddisfa il bisogno di sicurezza e di identità con un modello che può essere diverso, anche solo in parte, da quello proposto dai genitori. In genere c'è una forte distinzione e consapevolezza tra chi è "dentro" e chi è "fuori" dal gruppo.
Anche in tal caso gli stereotipi culturali esercitano la loro influenza. Difatti le ragazze vivono  il "gruppo" in modo differente dai maschi; mentre questi ultimi lo vedono come sostegno ad un senso di ribellione che sentono dentro all'autorità dei genitori, le femmine lo vivono più come un mezzo per allacciare relazioni personali importanti.
I gruppi si distinguono in informali o formali. I primi sono in genere composti da un numero ristretto di persone, in genere non più di venti, si formano in modo spontaneo, la coesione tra i membri è data dall’intensità della comunicazione e della relazione. Nei gruppi informali si condivide il tempo libero senza perseguire delle specifiche attività. All’interno del gruppo c’è omogeneità per provenienza, condizione scolastica o lavorativa, look, linguaggio, stile di comportamento. Le relazioni tra i membri sono per lo più guidate da caratteristiche di personalità che da ruoli. Essi sono frequentati sia da maschi che da femmine, con una maggiore visibilità dei primi per il semplice fatto che le ragazze, in genere, ricevono maggiori restrizioni dai genitori per le loro uscite.
I gruppi formali sono caratterizzati dal perseguire obiettivi specifici e al loro interno ci sono dei membri adulti con funzione di controllo e di garanti. Nei gruppi formali ci si riferisce a specifici valori e ci si impegna a svolgere delle precise attività, che a seconda della finalità del gruppo possono essere sportive, religiose, politiche, culturali. Un adolescente può far parte di più gruppi formali ed essere membro di un gruppo informale allo stesso tempo. La partecipazione ai gruppi formali è più elevata in giovane età e tende a calare in corrispondenza dei primi anni della scuola superiore. Crescendo, cade infatti l’interesse del giovane per le esperienze aggregative di tipo organizzato per minore coinvolgimento nei valori proposti, per difficoltà nel rapporto con l’educatore o per mancanza di spazi decisionali autonomi.
Un altro fattore che differenzia i gruppi è l’età dei componenti. Nell’infanzia e nella fanciullezza c’è maggior predisposizione a parlare con coetanei dello stesso sesso, questo favorisce la formazione di gruppi esclusivi di soli maschi o sole femmine e l’instaurarsi di relazioni privilegiate, con l’amico o l’amica del cuore. I gruppi informali in genere nascono da un allargamento di un gruppo amicale originario, mentre i gruppi formali già esistenti possono attrarre l’interesse di piccoli gruppi di amici che per paura della novità preferiscono entrarvi insieme. All’interno dei gruppi formali frequentati per molto tempo possono nascere ed evolversi rapporti amicali preferenziali, dando la possibilità ai ragazzi di sperimentare nuovi modi di stare insieme. Col finire della scuola media e il sorgere dell’esigenza di maggior autonomia, di contrapporsi alle indicazioni dei genitori, il confronto con coetanei che vivono in modo diverso, si mettono in crisi le modalità di aggregazione sperimentate in precedenza. In questo periodo di transizione si provano modalità alternative di aggregazione, che inizialmente non sono dei veri e propri gruppi informali perché mancano di alcune caratteristiche, quali la regolarità di frequentazione e la continuità nel tempo. Progressivamente, il gruppo dei pari diventa un laboratorio di relazioni sociali, che permette di sperimentare nuovi modi di rapportarsi con gli altri e di entrare in contatto con l’ambiente. La partecipazione ad un gruppo informale può inizialmente provocare tensioni in famiglia, ma in seguito si trova un adeguato equilibrio. Attualmente, la famiglia e il gruppo sono considerati fonti di sostegno complementari per l’inserimento del giovane nel mondo adulto. La famiglia si occupa di guidare il ragazzo nelle scelte che influenzeranno il futuro, quali la scuola, il lavoro o le relazioni sentimentali “serie”. Il gruppo sostiene il ragazzo per i problemi relazionali momentanei (con altri coetanei, con gli insegnanti) e nelle scelte quotidiane. Alla fine dell’adolescenza l’esperienza gruppale perde rilevanza per lasciare spazio al rapporto di coppia e l’aggregazione amicale finalizzata allo stare insieme è meno essenziale con l’avanzare dell’età.

Cosa fare per avere amici

In tale paragrafo si entra nel vivo dell’argomento oggetto del presente lavoro.
Si è già accennato sopra che lo stabilire dei rapporti amicali non è un qualcosa che avviene automaticamente, con facilità: esso richiede esplicite competenze, sia individuali che sociali.
Tali competenze tenderebbero ad interagire e rafforzarsi vicendevolmente, in un processo circolare, nel quale le conferme ricevute dal gruppo non fanno altro che rafforzare quelle caratteristiche individuali che sono state notate ed apprezzate dal gruppo stesso, contribuendo così al benessere psicologico dell’adolescente[6].
Le abilità individuali afferiscono unicamente all’individuo considerato in sé stesso, fanno parte del proprio bagaglio innato ed esperenziale.
Le abilità sociali riguardano invece l’individuo in relazione con l’altro, sono cioè quelle abilità che permettono di influenzare il tipo di risposta che si può ottenere dagli altri. Esse variano con il contesto di riferimento: l’individuo deve essere in grado di modificare il proprio comportamento al variare del “dove”, del “quando”, e del “con chi”. Esse possono essere apprese, contribuendo così al potenziamento delle abilità individuali.
Tra le abilità richieste per istaurare rapporti amicali si possono citare ad esempio l’autostima, l’empatia, personalità, il linguaggio. Uno studio di Claes[7] ha rilevato che il livello di autostima degli adolescenti esaminati non era tanto in relazione al numero delle amicizie istaurate, ma quanto alla qualità della comunicazione e della fiducia reciproca. Un altro studio di Tani [8], ha evidenziato che nella prima adolescenza esistono notevoli differenze a livello di personalità, tra adolescenti che hanno molti amici, rispetto a quelli che non ne hanno.
Si riscontra infine, una differenza di genere nella capacità di avere amici: mentre gli adolescenti maschi che riscuotono maggiore preferenza come amici sono quelli più stabili emotivamente, più portati all’azione, ad agire in gruppo, più spontanei e rilassati nei rapporti con gli altri, le femmine ricercate più come amiche sono invece quelle più capaci di esprimere i loro stati emotivi, più sottomesse, e che mostrano una maggiore aderenza alle regole sociali ed un più forte senso del dovere nei confronti degli altri, ma che si mostrano anche più socievoli e sicure di sé[9]. 


Conclusioni

Si è più volte affermato nel presente lavoro che l’avere degli amici non è un qualcosa che accade da sé, in modo spontaneo. E’ un processo delicato e formativo, nel quale l’individuo si mette in gioco, offre qualcosa di sé, ed impara dagli altri e con gli altri. E’ innegabile il fatto che i vari contesti di interazione influenzino notevolmente l’adolescente, in quanto persona ancora “in formazione”. Una buona base di partenza da cui formarsi alcune risorse interiori è senz’altro la famiglia. Sono le prime esperienze quelle che porteranno l’individuo a selezionare le persone ed i contesti con i quali entrare in contatto e formarsi successivamente. Ma non è detto che, nel caso di provenienza da famiglie con storie di emarginazione e di sofferenza, l’individuo vada ad impattarsi unicamente in contesti caratterizzati dallo stesso clima. In generale, comunque, gli amici rappresentano senz’altro un valido sostegno all’adolescente, fornendo il necessario sostegno psicologico e creando quella consapevolezza che soprattutto nei momenti di disagio ciascuno di noi non è solo, e può affrontare la vita insieme agli altri, nel modo migliore.


Fonti bibliografiche 

1) Selman, R. L. & Schultz, L. H. (1989). Children's strategies for interpersonal negotiation with peers: An interpretive/ empirical approach to the study of social development. In T. J. Berndt & G. W. Ladd (Eds), Peer relationships in child development. New York: Wiley, 371-405

 2) Schneider B. H., Wiener J., Murphy K. (1994), Children’s friendship: the giant Stepp beyond acceptance, Journal of Social and Personal Relationships, 11, pp. 323-340 

3) Bukowski W. M., Newcomb A. F., Hartup W. W. (1996), The company they keep: friendship in childhood and adolescence, Cambridge Univ. Press, NY 

4) Presid. Cons. Ministri – Dp. Affari Sociali, Rapporto 1997 sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, paragrafo VI

5) Berti A.E., Bombi A.S., Psicologia dello sviluppo – Storia teorie e metodi, Bologna, Il Mulino (2001)

 6) Carbone P., Le ali di Icaro. Rischio e incidenti in adolescenza, Torino, Bollati Boringhieri, (2003)

  7) Selman R.L. (1981), The child as a friendship philosopher, in S.R. Asher, J.M. Gottmann, The development of children friendship, Cambridge Univ. Press, NY, 242-272

  8) Tani (2000), Avere amici nell’adolescenza: una indagine sulle differenze individuali, Età evolutiva, 65, 82-89

  9) Claes M.E. (1992), Friendship and personal adjustment during adolescence, Journal of Adolescence, 15, 39-55

 10) G.V. Caparra, A. Fonzi, L’età sospesa – itinerari del viaggio adolescenziale, Giunti Ediz.




[1] Selman, R. L. & Schultz, L. H. (1989). Children's strategies for interpersonal negotiation with peers: An interpretive/ empirical approach to the study of social development. In T. J. Berndt & G. W. Ladd (Eds), Peer relationships in child development. New York: Wiley, 371-405; Schneider B. H., Wiener J., Murphy K. (1994), Children’s friendship: the giant Stepp beyond acceptance, Journal of Social and Personal Relationships, 11, pp. 323-340; Bukowski W. M., Newcomb A. F., Hartup W. W. (1996), The company they keep: friendship in childhood and adolescence, Cambridge Univ. Press, NY

[2] Presid. Cons. Ministri – Dp. Affari Sociali, Rapporto 1997 sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, paragrafo VI

[3] Berti A.E., Bombi A.S., Psicologia dello sviluppo – Storia teorie e metodi, Bologna, Il Mulino (2001)

[4] Carbone P., Le ali di Icaro. Rischio e incidenti in adolescenza, Torino, Bollati Boringhieri, (2003)

[5] Selman R.L. (1981), The child as a friendship philosopher, in S.R. Asher, J.M. Gottmann, The development of children friendship, Cambridge Univ. Press, NY, 242-272  

[6] Tani (2000), Avere amici nell’adolescenza: una indagine sulle differenze individuali, Età evolutiva, 65, 82-89

[7] Claes M.E. (1992), Friendship and personal adjustment during adolescence, Journal of Adolescence, 15, 39-55

[8] Tani (2000), Op. Cit.

[9] G.V. Caparra, A. Fonzi, L’età sospesa – itinerari del viaggio adolescenziale, Giunti Ediz.

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