Diversi studi hanno già suggerito quanto salde relazioni sociali aiutino
la nostra salute. Ora la conferma dalla conferenza annuale
dell'American Psychological Association. La solitudine è collegata alla
maggior insorgenza di malattie, mentre "una più vasta rete sociale"
riduce del 50% il rischio di morte prematura.
Al bar per la colazione incontriamo il
barista e tutti gli habitué, una piccola comunità. Al lavoro i colleghi,
anche se non tutti, ci fanno passare la giornata in modo più piacevole.
Poi l'aperitivo con un amico e la cena con i genitori, in attesa del
pranzo domenicale con tutta la famiglia. Nel quotidiano non ce ne
rendiamo conto, ma tutte queste persone ci allungano la vita. E non di
poco. Ormai diversi studi hanno suggerito che circondarsi di amici e
parenti, e avere salde relazioni sociali, giova alla salute, contrasta
l’insorgere di malattie e, soprattutto, previene la morte prematura.
Gli studi. Un'altra conferma arriva da due studi
della Brigham Young University (nello Utah), appena presentati alla
conferenza annuale dell’American Psychological Association. I
ricercatori hanno analizzato 148 ricerche, che coinvolgono oltre 300.000
persone, concludendo che "una più vasta rete sociale" riduce del 50% il rischio di morte prematura.
Nella seconda analisi Julianne Holt-Lunstad, professoressa di
psicologia che ha condotto lo studio, ha incrociato i risultati di 70
ricerche per un totale di 3,4 milioni di persone (prevalentemente
americani, ma anche europei e asiatici) calcolando l’impatto sul
benessere fisico di tre variabili: solitudine, isolamento sociale e il
vivere da soli. Ebbene, tutti e tre sono risultati pericolosi per la
salute quanto, o anche più, dell’obesità.
Solitudine e isolamento sociale. Ma qual è la
differenza tra solitudine e isolamento sociale? Secondo gli autori dello
studio il primo è imposto, si verifica, per esempio, quando si viene
tagliati fuori da un gruppo, quando si viene ghettizzati. Mentre la
solitudine si prova quando non si hanno accanto le persone che più
amiamo e con cui abbiamo una relazione profonda.
Negli Usa oltre 40 milioni di persone soffrono di solitudine. E sono in
aumento, in tutto il mondo occidentale. "Sta diventando un problema
serio, che dovrebbe essere al centro delle politiche sociali dei governi
- commenta Luigi Fontana, professore di Medicina e
Nutrizione all’università di Brescia e di Washington, autorità mondiale
nel campo della longevità e autore – insieme a Franco Berrino - del saggio La grande via - .
Le popolazioni più longeve sono quelle molto spirituali e che hanno un
forte senso sociale. La nonna bada al nipotino, il figlio o la figlia
vanno al lavoro tranquilli, gli anziani non vengono abbandonati. Un po’
com’era l’Italia cinquant’anni fa. Adesso invece siamo sempre più soli,
stiamo diventando come gli anglosassoni".
Famiglia e gruppo sociale. È proprio il senso di
appartenenza alla famiglia o a un gruppo sociale più vasto che
allungherebbe la vita: "Non a caso la mortalità prematura nelle persone
felicemente sposate è minore che in quelle non coniugate. E il rischio
di morte raddoppia nel primo mese successivo alla morte del coniuge",
aggiunge Fontana.
Il sistema immunitario. Le ragioni per cui essere
socialmente attivi porti così tanto beneficio non sono chiare. Ma alcuni
studi se ne sono già occupati. "Si è visto, per esempio, che il benessere psicologico che proviamo quando ci sentiamo amati influenza positivamente la risposta del nostro sistema immunitario
contro le infezioni e riduce l’infiammazione – spiega l’esperto - Parte
degli effetti avversi associati all’isolamento sembrerebbero essere
legati allo stress psicologico e alla depressione, che sono potenti
fattori di rischio per l’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale. Lo
stress psicologico e la depressione, infatti, aumentano l’infiammazione e
stimolano il sistema catecolaminergico, che di riflesso causa un
aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca".
L'altro studio. L'anno scorso uno studio dell’università Harvard
ha concluso che non avere amici avrebbe come conseguenza l’attivazione
della modalità “fight or flight”, che incrementa i livelli del
fibrinogeno. Ma un’eccessiva quantità di questa proteina alza la
pressione sanguigna e può causare la formazione di depositi di grasso
nelle arterie. Chi ha solo cinque amici, per esempio, ha un livello di
fibrinogeno superiore del 20% rispetto a chi vanta 25 amici. E
l’isolamento è associato a circa il 30% di rischio in più di infarto e
ictus, una percentuale simile a quella che riguarda il fumo.
"Attenzione, però, non solo alla quantità
degli amici, ma anche alla qualità - . mette in guardia Fontana - .E
alle relazioni virtuali. I social media sono positivi in sé perché
permettono l’accesso a tantissime persone, ma bisogna usarli in modo
saggio, non devono diventare una dipendenza e una patologia".
(articolo tratto da "La Repubblica" del 06/11/2017 a firma di DEBORAH AMERI)
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