Per dipendenza si intende una alterazione del
comportamento che da semplice o comune abitudine diventa una ricerca
esagerata e patologica del piacere attraverso mezzi o sostanze o
comportamenti che sfociano nella condizione patologica. L'individuo dipendente
tende a perdere la capacità di un controllo sull'abitudine [1].
Ho scelto, tra le tante definizioni di dipendenza, quella della
Associazione americana sullo studio della dipendenza, perché comprende i due
aspetti sui quali la dipendenza agisce: quello fisico, e quello psicologico.
Originariamente, in ambito psichiatrico, individuava la
dipendenza descrivendola dal punto di vista fisiologico, e quindi, il manuale
diagnostico poneva l’accento sulle dipendenze fisiologiche, come quella da
droghe, alcool, ed altre sostanze psicotrope.
Successivamente,
col progredire degli studi in campo neurologico e psicologico, la diagnostica
si è orientata anche verso l’individuazione e lo studio delle dipendenze
psicologiche, le quali sono più subdole e difficili al trattamento terapeutico,
in quanto agiscono ed alterano lo stato psichico e comportamentale della
persona. Questo nuovo approccio, che da il titolo al mio articolo, è
contemplato marginalmente nel manuale diagnostico psichiatrico, e deriva
essenzialmente dalla letteratura psicologica sviluppatasi a partire dagli anni
60.
Difatti, la dipendenza fisica, prodotta essenzialmente dai
condizionamenti neurobiologici, è superabile con relativa facilità; la dipendenza
psichica, difficile punto nodale della tossicodipendenza (e con questo termine non si pensi solo alle droghe),
richiede interventi terapeutici lenti,
complessi e ad ampio raggio, coinvolgendo spesso i familiari che stanno attorno
alla persona dipendente.
Le forme più gravi di dipendenza, comportano dipendenza fisica e
psichica con compulsività, cioè, ad esempio, con bisogno di assunzione ripetuta
della droga da cui si dipende per risperimentarne l'effetto psichico ed evitare
la sindrome di astinenza.
La compulsività si associa al bisogno di assumere la droga (e in
genere la sostanza o il comportamento stimolante la dopamina) in dosi sempre
maggiori, perché si crea assuefazione, con un innalzamento della soglia di tolleranza e nello stesso tempo desensibilizzazione: per avere lo
stesso piacere nei recettori servono quantità maggiori di dopamina (che vengono
tollerate, ma allo stesso tempo si è meno sensibili), e in secondo luogo a
parità di dopamina prodotta nel cervello servono quantità sempre maggiori dello
stimolante.
Dal punto di vista biologico, la dipendenza si presenta non solo
con un eccesso dei neurotrasmettitori (dopamina), ma anche di un loro deficit.
Ad esempio, la coazione a ripetere e la mania di ordine e pulizia si
manifestano come una dipendenza, e sono sintomi di una carenza di serotonina.
Come accennato sopra, l’uso di droghe non è l’unica modalità
attraverso la quale si innesca la dipendenza biologica: esiste anche dipendenza
da alcool, caffè, tabacco.
Ci sono poi le dipendenze strettamente psicologiche, non legate
necessariamente a quelle da sostanze, ma che, in definitiva, agiscono in
sinergia con la dipendenza biologica, amplificandola e assicurandone la
ripetitività (coazione a ripetere).
La dipendenza psicologica non è necessariamente più debole,
inoltre non puo'
esistere dipendenza fisica senza quella mentale, mentre il contrario puo'
accadere. L'oggetto o la sostanza verso cui si diventa dipendenti
diventano un mezzo per affrontare le proprie insicurezze.
L’elenco è abbastanza vasto: si passa dalle dipendenze dal cibo
(anoressia, bulimia, vomiting, binge eating, al sesso (dipendenza
sessuale, masturbazione compulsiva), al lavoro, ai comportamenti come il gioco
d'azzardo patologico, lo shopping compulsivo, la tv, internet, i videogame.
La sintomatologia delle dipendenze psicologiche è caratterizzata
da: sbalzi di umore, perdita della cognizione del tempo, mal di testa.
Una dipendenza abbastanza frequente è quella del gioco
d'azzardo, difficile da curare (anche perché, con la crisi economica, lo Stato
ha pensato bene di autorizzare l’attività di vari punti del gioco d’azzardo su
tutto il territorio).
Uno studio del 2007 [2] ha mostrato per la prima volta le aree del cervello coinvolte
nel processo decisionale. I neuroni della corteccia orbitofrontale e della cingolata anteriore sono le aree del cervello attivate per prendere
qualsiasi decisione, sia cruciali (il tipo di scuola, un lavoro) sia che si
tratti di scelte banali (come mangiare o bere qualcosa). Rispettivamente,
l'attività neuronale viene modulata nella orbifrontale in proporzione alla
gravità della decisione (identificare l'alternativa migliore), e nella
cingolata in base alla rispondenza alle aspettative di partenza (seguire
l'alternativa che si è valutata migliore).
La cingolata
anteriore era oggetto degli stimoli più forti per il confronto fra pay-off
atteso, probabilità di successo e costo in termini di tempo e sforzo richiesti.
A
riprova, chi presentava danni in queste aree tendeva a comportamenti autolesionistici,
con la stessa dinamica delle dipendenze, vale a dire a scegliere l'alternativa
peggiore e meno soddisfacente per sé, in modo consapevole e non. Da confermare
con ulteriori studi, non adegua l'attività neuronale e quindi i tempi
all'importanza della decisioni (impulsività su scelte cruciali, contro tempi
lunghi per decisioni del quotidiano).
Dal punto di
vista diagnostico, il manuale DSM IV, e V, sia pur con lievi differenze, danno
una definizione delle dipendenza dal punto di vista essenzialmente fisiologico.
Per trovare una
definizione strettamente legata agli aspetti psicologici e comportamentali,
dobbiamo partire da alcuni criteri elencati nel manuale diagnostico, ed
integrarli con vari studi succedutasi nel corso del tempo nella letteratura
psicologica.
In particolare,
nel 2006 è stata pubblicata in Italia una ipotesi di nuovi criteri diagnostici
delle dipendenze patologiche o addictions[3]:
A) Persistente e ricorrente comportamento di dipendenza
maladattivo che conduce a menomazione o disagio clinicamente significativi,
come indicato da un totale di cinque (o più) dei seguenti criteri [con almeno
due da (1), di cui uno è (c), due da (2) e uno da (3)] per un periodo di tempo
non inferiore ai 12 mesi.
1) Ossessività
a) pensieri e
immagini ricorsivi circa le esperienze di dipendenza o le ideazioni relative
alla dipendenza (per es. è eccessivamente assorbito nel rivivere esperienze di
dipendenza passate o nel fantasticare o programmare le esperienze di dipendenza
future);
b) i pensieri e
le immagini relativi al comportamento di dipendenza sono intrusivi e
costituiscono tensione ed eccitazione inappropriate e causano ansia o disagio
marcati;
c) in qualche
momento del disturbo la persona ha riconosciuto che i pensieri e le immagini
sono prodotti della propria mente (e non suscitati dall’esterno).
2) Impulsività
a)
irrequietezza, ansia, irritabilità o agitazione quando non è possibile mettere
in atto il comportamento di dipendenza;
b) ricorrente
incapacità di resistere e di regolare i desideri di dipendenza inappropriati e
gli impulsi a mettere in atto il comportamento di dipendenza.
3) Compulsività
a)
comportamenti di dipendenza ripetitivi che la persona si sente obbligata a
mettere in atto, anche contro la sua stessa volontà, nonostante le possibili
conseguenze negative, come conseguenza delle fantasie di dipendenza ricorrenti
e del deficit del controllo degli impulsi;
b) i
comportamenti o le azioni di dipendenza coatti sono volti a evitare o prevenire
stati di disagio o per alleviare un umore disforico (per es. sentimenti di
impotenza, irritabilità, inadeguatezza).
B) I pensieri e i comportamenti di dipendenza ricorrenti e
compulsivi impegnano il soggetto per la maggior parte del tempo, o
interferiscono significativamente con le sue normali abitudini, con il
funzionamento lavorativo (o scolastico), o con le attività o le relazioni
sociali usuali.
C) I pensieri e i comportamenti di dipendenza ricorrenti e
compulsivi non avvengono esclusivamente durante un episodio maniacale, o
condizioni mediche generali.
Quindi, questa diagnosi del 2006, pone l’accento su elementi
ossessivo compulsivi, e sugli alti livelli di ansia, associati più o meno a una
qualche consapevolezza, quindi l’individuo non perde il contatto con la realtà;
tutto cio’ fa pensare ad un quadro psicologico marcatamente nevrotico.
In senso
lato, la Sindrome da Dipendenza o Dipendenza Patologica è anche prodotta
semplicemente dalla ripetizione di qualsiasi comportamento che assume rilevanza
psicologica per l’individuo, nel senso soprattutto di riduzione di stati
emotivo-affettivi percepiti negativamente e contemporaneamente di
intensificazioni ed esaltazione di stati positivi di percezione di sè e del
mondo.
Passando brevemente all’esame dei possibili fattori di rischio
che innescano i processi di dipendenza, gli studi hanno messo in luce
l’importanza del clima familiare, dello stile educativo e dello stile di vita
di una persona nell’indurre quello stato di fragilità psicologica che può
condurre alla dipendenza. Non si pensi quindi che il tutto sia riducibile a
stati psicopatologici, ma anche e soprattutto, stati emotivi non gestiti
adeguatamente dalla persona, conducono alla sintomatologia descritta. Questi
fattori incidono maggiormente durante l’adolescenza quando l’identità è per sua
natura fragile e poco strutturata.
L'approccio terapeutico più recente contro le dipendenze risulta
quello multidisciplinare, con intervento mirato sia in ambito biologico che
psicologico. Recentemente gli studi hanno evidenziato come dipendenze
fisiologiche e psicologiche hanno
in comune, oltre che la similarità nei diversi sintomi, anche un’elevata
frequenza di condizioni di poli-dipendenza, - ossia la compresenza di una o più
dipendenze da sostanze e comportamenti nella stessa persona - di
cross-dipendenza - ossia il passaggio nella storia della vita della persona da
una dipendenza ad un’altra e - la similarità nei principali fattori di rischio
- ossia impulsività, ricerca di sensazione, esposizione precoce, familiarità e
nei fattori di protezione - ossia controllo genitoriale, adeguate capacità
metacognitive. La terapia psicologica, individuale o di gruppo, si prefigge
l'obiettivo di spingere il soggetto a superare l'ossessiva percezione del bisogno della sostanza o comportamento da cui è dipendente.
Esistono inoltre molte associazioni che utilizzano il programma di recupero del
gruppo di "auto aiuto" come terapia contro svariate forme di
dipendenza.
[1] American Society for Addiction Medicine, Definition of Addiction, 2012.
[2] Orbitofrontal Cortex and Its Contribution to Decision-Making , Jonathan D. Wallis, Annual Review of Neuroscience, Vol.
30: 31-56 (Volume publication date July 2007) First published online as a
Review in Advance on April 6, 2007
[3] Daniele La Barbera, Vincenzo Caretti, Giuseppe Craparo, Ipotesi
di nuovi criteri diagnostici per l'addiction, in & P Salute e
Prevenzione, nº 43, 2006
Nessun commento:
Posta un commento