giovedì 28 luglio 2022

Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo: una interpretazione psicanalitica del Vangelo di Marco, 7:14-23 (di Stefano Cifelli)


In quel tempo, Gesù, chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti. E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo». 


Questo brano del Vangelo mi ha fatto venire in mente un concetto psicanalitico del padre della psicanalisi, Freud (1894), il concetto di proiezione. La proiezione è uno dei meccanismi di difesa. Questi sono processi psichici inconsci che hanno lo scopo di proteggerci da sentimenti e sensazioni ritenuti intollerabili, che sono sepolti nell’inconscio.

I meccanismi di difesa sono il principale strumento di lavoro degli psicanalisti ad orientamento psicodinamico, per lavorare sulla personalità del paziente. Esistono due grandi gruppi di meccanismi di difesa: i meccanismi di difesa primari e secondari. Le difese primarie, o primitive, sono quelle che implicano il confine tra il mondo esterno e il Sé, mentre le difese più evolute, quelle definite secondarie, di ordine superiore, hanno a che vedere con i confini interni tra la parte di noi che vive l’esperienza e quella capace di osservare. Tutti noi utilizziamo i meccanismi di difesa, sia primari che secondari. I problemi sorgono quando utilizziamo solo e sempre uno o due meccanismi di difesa a prescindere dalla situazione che ci si presenta.

E veniamo ora al brano del Vangelo: “Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro”. Qui Gesù, secondo una lettura psicanalitica, sta parlando di due meccanismi di difesa: proiezione ed introiezione.

La proiezione è quel processo per cui qualcosa di interno viene considerato proveniente dall’esterno. Nella sua forma sana è la base dell’empatia. Nelle sue forme non sane invece la proiezione è fonte di sofferenza psichica e di danni interpersonali. Quando ciò che viene proiettato consiste in parti negative di sé stessi, insorgono molti problemi, con sé stessi e soprattutto con gli altri. Così, quando una persona usa la proiezione come modalità prevalente di comprendere il mondo e affrontare la vita, ha un carattere paranoide. 

L’introiezione è il processo per cui si considera proveniente dall’interno qualcosa che in realtà è esterno. Nelle sue forme problematiche l’introiezione è un processo molto distruttivo, ed è tipico del vissuto del lutto, e della depressione. Quando amiamo o siamo profondamente attaccati a delle persone, noi le introiettiamo e le loro rappresentazioni dentro di noi diventano parte della nostra identità. Se perdiamo una delle persone di cui abbiamo interiorizzato l’immagine, non soltanto percepiamo un impoverimento del nostro ambiente per l’assenza di quella persona nella nostra vita, ma sentiamo che anche noi siamo in qualche modo sminuiti, che una parte di noi stessi è morta. 

Infine, la fusione i processi di proiezione e di introiezione, viene chiamata identificazione proiettiva.

La proiezione è una delle difese psicologiche più importanti a cui l’individuo ricorre per auto proteggersi.  Attraverso questo processo, l’individuo sposta da sé verso l’esterno propri sentimenti e affetti che non riconosce o rifiuta, attribuendoli ad altri. Diciamo che è ciò che ci impedisce di “vedere la trave nei nostri occhi e ci fa concentrare sulla pagliuzza che è negli occhi degli altri”. Così proviamo sentimenti di ostilità e irritazione per un comportamento altrui, quando in realtà stiamo osservando qualcosa che appartiene prima di tutto a noi stessi.

Utilizzando la proiezione, trasferiamo nostre parti inconsce sull’altro, e così mentre stiamo giudicando qualcuno per sue qualità e comportamenti, in realtà stiamo “proiettando” aspetti di noi che non amiamo o non apprezziamo. Il meccanismo di difesa interviene, dunque, per impedirci di contattare l’ansia che deriverebbe nel riconoscere come nostri tali aspetti rifiutati, e quindi esso ci protegge da intollerabili verità. 




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