giovedì 22 agosto 2019

Sei pensieri su “Aspetti psicologici ed ideologici della personalità fascista” - di Andrea Pitto


(tratto da: Appunti in fase di elaborazione per uno studio della personalità fascista contemporanea)
 


Il fascismo assume e distilla tutte le caratteristiche meno nobili e all’occorrenza deleterie che appartengono, in quanto possibilità, al soggetto umano. Un regime fascista  crea la figura contenitore, l’idealtipo,   del fascista, ma questo, assumendo  tratti di personalità genericamente considerati meno nobili e nocivi favorisce altresì la formazione del fascismo come fenomeno storico. Società e stato fascisti determinano  la formazione della caratterialità e dell’ideologia fasciste e quest’ultime pongono le premesse per la sua costituzione  in un circolo ricorsivo senza soluzione di continuità.
A ogni buon conto debbono esserci determinate condizioni storiche e sociali affinché possa formarsi uno stato fascista, com’è accaduto, ad esempio,  in Italia e in Germania.

Invece la personalità fascista è possibile in ogni contesto storico, nonostante il termine stesso sia piuttosto recente e nonostante gli storici si oppongano all’ampiamento semantico appena proposto. Qui non è questione di rigorismi dottrinari. I vari  insegnamenti che appartengono alle cosiddette scienze umanistiche debbono considerare i fenomeni reali per come si presentano agli occhi dell’attento osservatore. Essi,  per loro natura, sono compositi e complessi, quindi non è possibile relegarli in un solo ambito (storico, psicologico, politico, filosofico, economico, antropologico, ecc.) per comprenderne il significato e la dinamica con cui si esplicano nella realtà.
Vi deve essere una contaminazione tra i molteplici rami del sapere.  E’ inopportuno negare la fenomenologia fascista quando essa si presenta al di fuori e al di là degli ambiti storici o semantici o ancora filosofici  consolidatisi magari soltanto in un contesto teoretico e universitario, se poi gli effetti di essa sono analoghi in ogni momento storico: sottomissione, dominio autoritario, violenza, gerarchismo. Tutti fenomeni causati dalle medesime cause di sempre: esacerbato egoismo e volontà di potenza, aridità emozionale, predominio narcisistico, interessi di potere e economico finanziari, disinteresse per il bene pubblico in favore di un bene confinato ai pochi eletti, anch’essi in definitiva strumenti nelle mani delle sparute èlite  che assurgono alle vette del potere.
L’individuo  fascista – caratterizzando  poi  i gruppi, le etnie, le nazioni, gli stati  dei quali è componente – assume le pulsioni emotive,  i sistemi ideologici e le volontà che crede lo favoriscano rispetto al suo prossimo, definito nemico, diverso, inferiore e considerato ostacolo alla propria volontà di potenza.
Il fascista è sempre mosso da questa prospettiva: acquisire più potere (importanza, rispetto, reverenza, denaro, ecc., prescindendo ovviamente  dal possedere  autentiche qualità), reale o immaginato. I terreni di lotta e conflitto sono i più diversi e vanno dall’intera società al gruppo entro cui  agisce o addirittura alla  famiglia in cui egli esercita, specie se è maschio, la forza e l’autorità, reprimendo e rendendo succubi i suoi familiari.
Non si esce da questo canone comportamentale e mentale: prevalere sugli altri, portare il proprio sè al di sopra del prossimo – scelto per le caratteristiche che si prestano al suo disegno conflittuale – che diviene il nemico da abbattere con ogni mezzo, all’occorrenza distruggere senza alcuna pietà. In questo continuo combattimento, creduto vitale, il fascista si allea con alcuni dei suoi simili, quelli che condividono la medesima impostazione caratteriale e ideologica,  e accetta di buon grado, seppur  paradossalmente,  la sottomissione al più forte dello stesso gruppo, poichè è fiducioso che quest’ultimo gli permetterà infine di prevalere, realmente o in forma delirante e idealizzata. L’io, associandosi, diviene un  noi, un noi sempre  specifico, delimitato e tendenzialmente impermeabile ad altre consociazioni umane. In questo senso le caratteristiche individuali del fascista divengono caratteristiche sociali e politiche. Ma avviene anche il contrario: determinati presupposti sociali e politici fanno emergere, consolidano o creano di sana pianta, la caratterialità fascista che si arricchisce di razionalizzazioni ideologiche.
 L’egoismo, la violenza, la prevaricazione, la volontà  di potenza, fuoriuscendo dal foro interiore assumono specificità sociali, politiche e storiche.
D’altra parte, la dicotomia tra servo e padrone è dinamica: essa compone una catena di comando che, escludendo le estremità, ha sempre un elemento prima di sè e dopo di sè. Sottomissione a chi sta più in alto e oppressione verso chi sta più in basso: non vi sono alternative per il fascista che è sempre mosso dal risentimento, dall’invidia e dalla volontà di essere più di quel che potrà mai essere.
Il fascista non accetta l’anonimato, la semplicità di essere quel che è,  e crede di potersene allontanare assumendo tratti caratteriali e comportamenti spavaldi, provocatori, spesso aggressivi-violenti. Queste caratteristiche vengono corroborate da   un credo politico e religioso che sostanzialmente razionalizza quegli impulsi e quella volontà le quali, dal lato logico e direi anche umano, non potrebbero essere mai giustificate,  se non considerando gli  interessi soggettivi di coloro che li esprimono.  Insomma,  è possibile un fascismo senza consapevolezza di essere fascista, dato che è sufficiente il comportamento fascista e/o  pensare usando canoni fascisti,  affinché l’occasionale osservatore sappia  di cosa si tratta. Per sapere, cioè,  che il soggetto osservato  è obiettivamente un fascista e, in quanto tale, può causare  i danni e i pericoli di un fascista conclamato, usando una terminologia medica.
  Tuttavia, è facile da comprendere, il fascista non è diverso dagli altri componenti del consorzio umano, le sue paure, le ansie le incertezze dell’esistenza,  sono però come assopite, messe tra parentesi, rimosse o sublimate (Freud docet)  in favore di azioni e convincimenti che per l’imponenza del loro manifestarsi riescono a tacitarle. Lo starnazzare del fascista rude, deciso, perentorio e violento, pur essendo  un individuo colmo di paure e indecisioni all’interno di sé stesso, rappresenta un pericolo per la società anche perché può essere manipolato dalle classi al potere  quando  sentono  la fragilità del loro dominio. Il potere ha presa specie con chi  apprezza i privilegi che può elargire. Ecco perché il fascista, inteso anche in un’accezione ampia, diviene strumento di chi il potere ce l’ha già o potrebbe averlo o, con proclami altisonanti, convince gli sprovveduti desiderosi di predominio di poterlo ottenere in tempi brevi e magari mantenerlo per tempi biblici.
Le ragioni delle nazioni allora divengono facilmente le ragioni del singolo fascista che abbandona apparentemente il proprio io per diluirlo,  in quello della patria: un corpo unico formato da tanti piccoli imbecilli convinti che quest’ultima li assuma organicamente. Invece essi non sono altro che organi esterni di un organismo che si muove senza alcun bisogno di individui specifici, all’uopo considerati meri strumenti per raggiungere scopi al di fuori della loro portata, consoni invece alle sole élite economico finanziarie o al dittatore di turno.
Ma non è necessario arrivare al concetto di nazionalità o al patriottismo, per altro entrambi all’origine del fascismo storico,  al fine di provare la predilezione superomista del fascista verso le prospettive del potere. Basta osservare l’odio espresso nelle curve   dei campi di calcio, in cui i calcioterroristi  s’immedesimano in una guerra di fantasia idonea a sfogare gli istinti violenti e di predominio verso la squadra avversaria. Non è da escludere che essi vengano notati da chi di dovere per assumere questi facinorosi al fine di espletare azioni che esulano dal calcio ed entrano a gamba tesa nella compagine sociale, magari per sedare uno sciopero (in passato) oppure orchestrare una spedizione punitiva contro i migranti. Insomma, i fascisti possono essere, specie ai livelli più bassi, ottima carne da macello per l’esecuzione delle azioni più riprovevoli. Il loro tornaconto è sempre della stessa natura: il potere di fare cose che altri non faranno mai nella prospettiva di essere poi loro a ordinarle: il servo, divenuto padroncino, ordina al servo più servo di lui di eseguire le aberranti azioni che finora egli stesso doveva eseguire in ottemperanza al servo più in alto della scala gerarchica. Essere il capo a volte è possibile proprio dopo essere stato un servo. L’importante è avere l’obiettivo del comando a ogni costo, solo cosi le pulsioni fasciste possono essere ottemperate anche in condizioni di servitù marcata.
Resta da vedere quanto fascismo, cosciente o inconsapevole,  ci sia in ciascuno di noi.
“Il fascismo, scrive Michela Murgia (“Istruzioni per diventare fascisti”, Einaudi, 2018, p. 95), ha la fantastica capacità, se non vigiliamo costantemente, di contaminare tutto”.
Oggi la personalità e l’ideologia fasciste – piuttosto che i  sistemi politici al potere e divenuti appunto stati fascisti  – sono diffuse a largo spettro e avvelenano i rapporti interpersonali, etnici, inter-nazionali, interreligiosi, ecc. Lo spirito di esse, dunque, contamina l’intera  società senza soluzione di continuità. Ove tutto sia fascistizzato si riducono le possibilità di identificare la fenomenologia fascista stricto sensu, ma   essa  determina ugualmente e in modo carsico, subdolo,  gli individui e la società tutta riducendo le possibilità di contrastarne l’ingerenza. Non solo, assumendo  il fascismo segnatamente come orientamento ideologico e caratteriale si entra nell’ambito del soggetto come ente psicologico che diviene  storico e sociale, non essendo comunque mai avulso dalle determinazioni imposte dallo spirito del tempo e dalle condizioni economiche che  immancabilmente lo condizionano. Se quest’ultimo è contaminato, ne deriva che ogni aspetto della società risente di tale contaminazione.  Per fortuna la fascistizzazione della società non è mai completa, almeno fino ad ora, quindi è ancora possibile ostacolarne la diffusione. O almeno si può tentare che essa causi il minor numero di danni possibili.
Cercheremo, dunque, di illustrare alcune caratteristiche o meglio tendenze del carattere e del pensiero (ideologia), le abitudini che più di altre facilitano la formazione del fascista e conseguentemente l’organizzazione di partiti, movimenti o gruppi fascisti.

Parte prima
Il fascismo ha diverse modalità di manifestarsi sia nell’ambito soggettivo sia in quello sociale.
Le più conosciute manifestazioni di esso sono  tuttavia quelle storiche e politiche.
Sebbene a volte sia difficile definire il minimo comun denominatore dei vari fascismi – come affermava anche Renzo De Felice, uno degli storici più accreditati, seppur oggetto di giudizi controversi,  che si sia interessato di Fascismo – vi sono degli aspetti ideologici e psicologici che caratterizzano  il fascista e il “fascista”. In altri termini,  questi ci permettono, di volta in volta, di includere un soggetto esaminato, un gruppo, un partito, nell’ambito del fascismo  o della destra estrema, anche fuoriuscendo dagli ambiti storici in cui  essi vengono ascritti.
In definitiva si possono fare queste provvisorie differenziazioni. La prima riguarda la fenomenologia fascista del singolo più o meno integrato in un gruppo di affinità che tuttavia opera in un contesto sociale e storico in cui il fascismo non sia strutturato in un sistema istituzionale. Al di fuori, in altri termini, di uno stato fascista.
La seconda situazione riguarda il fascista nell’imminenza della presa del potere da parte delle formazioni che egli stesso contribuisce a sviluppare.
La terza si riferisce al fascista quando opera in uno stato fascista oramai strutturato.
Queste diverse situazioni inducono il soggetto fascista a esprimersi accentuando o diminuendo di intensità alcuni tratti caratteriali e ideologici che lo caratterizzano rispetto alla definizione teorica, all’ideltipo,  da cui si procede per analizzarlo. E’ molto importante considerare il contesto storico in cui si manifesta la fenomenologia del fascista (mi riferisco per brevità al singolo fascista, consapevole che quasi mai egli sia isolato, anzi quasi sempre coordina credenze e  comportamento  in base, come detto poc’anzi, all’affinità con i suoi interlocutori) dato che la mancanza di qualche tratto altrimenti dichiaratamente fascista potrebbe indurre un falso giudizio e invece esso è mancante non avendo la funzione che ha in un diverso contesto. Per esempio, sarebbe inutile l’antiamericanismo laddove gli USA non avessero più il potere che hanno attualmente o diventassero una federazione di stati a conduzione autoritaria. Oppure ostinarsi a costituire bande armate per mantenere l’ordine in uno stato poliziesco.
La fenomenologia fascista è caratterizzata da questi punti, variamente interconnessi:
1) tendenza all’autoritarismo. Statalismo o anche certo comunitarismo, volkisch. Etnonazionalismo
2) maschilismo. Sessualità fallocentrica che, specialmente se si esprime nel rapporto eterosessuale, vede la partner ineluttabilmente in un ruolo secondario e comunque “inferiore”. Tendenza a considerare il ruolo femminile nella società solamente secondo quello materno
Potremmo dire genericamente che il ruolo della donna, così come s’è sviluppato nel corso della storia occidentale, ma, in definitiva,  anche  non occidentale, è sostanzialmente antitetico alla personalità fascista come la stiamo descrivendo in questi appunti.
Ma anche la donna, laddove acquisisca potere d’ingerenza verso gli altri (classi, popoli, ecc.), può essere portatrice di tratti marcatamente fascisti. Medesimo discorso vale naturalmente per i non eterosessuali.
Importante e dirimente è chi gestisce il potere prescindendo dal  sesso, dal genere, dall’orientamento sessuale
3) amore per l’ordine coatto e la gerarchia: sottomissione (a un capo riconosciuto) o sopraffazione (specie verso i deboli).
Mancanza di autonomia spesso derivata da assenza di figure autorevoli (madre, padre), se la personalità fascista si manifesta in soggetti prevalentemente sottoposti all’autorità di un capo. Imposizione della propria ingerenza autoritaria se la personalità fascista si esprime in ruoli ad alti livelli gerarchici (capi, ecc.). Pure quest’ultima posizione sembra possa essere derivata da un alterato rapporto con efficaci e funzionali figure autorevoli le quali avendo assunto invece caratteristiche autoritarie e coercitive vengono imitate in una sorta di “identificazione con l’aggressore” (Sandor Ferenczi, Anna Freud). In sostanza la personalità fascista è congruente con gli atteggiamenti e/o le patologie sadomasochiste e tuttavia, come scrivo al punto 33, la personalità fascista quasi mai è sussumibile nell’ambito della patologia mentale.
Nonostante il pericolo della psichiatrizzazione di fenomeni  che invece devono essere interpretati prevalentemente con categorie storiche,  politiche, geo-politiche e economico-finanziarie, a questo riguardo è interessante lo studio delle tavole di Rorschach dei gerarchi nazisti processati a Norinberga nel 1945-6 – i cui protocolli sono giunti a noi dopo ostacoli di vario genere – fatto dagli psichiatri Niels Peter Nielsen e Salvatore Zizolfi (2005). Ottime riflessioni sulla personalità fascista   sono contenute ne L’universo mentale nazista (2004) di Niels Peter Nielsen e in altri studi da parte di psicologi e psicoanalisti che hanno vissuto il nazismo personalmente.
3a) La menzogna è inoltre il nutrimento sia dello stato fascista nei confronti delle masse sia del singolo che spesso mente anche a se stesso: non può ragionevolmente credere di essere l’eletto della storia e nemmeno far parte di una congrega di prescelti (a meno di menomazioni cognitive conclamate). Vedere: M. Bettettini, 2001,  Breve storia della bugia. Da Ulisse a Pinocchio, Cortina; A. Koyrè, Riflessioni sulla menzogna politica, De Martini, 1996.
3b) Così la falsità che cerca di giocare sul terreno politico mantenendo  posizioni talvolta marcatamente antitetiche, come faceva Hitler che esaltava gli interessi proletari nelle assemblee del popolo e gli interessi dei capitalisti nei comizi in cui questi erano presenti. In un altro punto parlo di vero e proprio “paraculismo”.
4) razzismo (i dominatori sono geneticamente tali, le razze inferiori debbono servirli e loro fanno sempre parte, seppur inetti, della prima categoria) e nazionalismo (più o meno nazionale, ma anche regionale o addirittura di quartiere, di squadra, di clan, di comunità).
Generale tendenza a non tollerare o direttamente disprezzare le differenze, siano queste attinenti alla geografia, alla religione, alla politica, ecc..  Intolleranza verso il diverso dal soggetto (fascista), quindi sostanziale autoreferenzialità di quest’ultimo che rimane immaturo, infantile (nel senso peggiore del termine, ovviamente), incapace di autentici rapporti sociali e incapace di solidarietà che non sia quella finalizzata al raggiungimento di obiettivi personali o di gruppo, di partito, di setta.
4a) Tendenza a polarizzare  la società secondo la dicotomia  amici e nemici (C. Schmitt) .
4b) Ricerca di capri espiatori verso i quali convogliare la frustrazione e le pulsioni violente che vengono incrementate specialmente dai sentimenti della vendetta della recriminazione e dell’invidia).
4c) tendenza a definirsi identitari. L’orientamento identitario elabora un “noi” (a volte semplicemente un sè, un soggetto autoreferenziale) caratterizzato da peculiarità culturali, religiose, etniche, politiche e ideologiche da contrapporre a un “loro” nei confronti del quale si riversano emozioni e comportamenti aggressivi, di odio, bellici.
Confrontare anche le posizioni di gruppi, come il nazional-anarchismo,  apparentemente frutto di una sorta di ossimoro politico e sociale.
4d) sottocultura dell’odio e dell’intolleranza che si manifesta anche nelle curve degli stadi o nei concerti.
4e) sovranismo, vedi punto 11a
5) dunque tendenza alla violenza (anche prezzolata), all’uso di armi e al militarismo.
5.1) Tendenza all’azione per l’azione.
5.2) Delinquentismo, propensione ad effettuare atti vandalici, di criminalità comune magari giustificandoli come azioni politiche.
Nell’ambito della delinquenza comune, del resto, è più facile assoldare la manovalanza fascista che in un secondo tempo può (ma non è detto che questo passaggio sia frequente o ineluttabile) effettivamente convincersi delle più semplici pseudoteorizzazioni fasciste.
Senza la delinquenza comune probabilmente non sarebbero state possibili le squadre fasciste o naziste come strumenti volti alla presa del potere nell’ambito della società civile (quartieri, fabbriche, campi, scuole, ecc.).
E’ utile ricordare che sia il fascismo che il nazismo hanno preso il potere a seguito di mandati elettorali.
La delinquenza viene selezionata (e poi gestita)  come fenomeno  utile quando il potere ha necessità di incutere paura nella popolazione. Chi già ha una struttura caratteriale delinquenziale ha facilità a convogliare questa predisposizione in favore di un potere che non va tanto per il sottile e che inoltre gli  permette lo sfogo della violenza.
Inoltre nelle dittature non vi è molto spazio per quegli atti di violenza che non siano gestiti dal potere.
La dittatura fascista e nazista assorbono le componenti delinquenziali della personalità piegandole e convogliandole entro l’ambito delle loro necessità.
5.3) atteggiamenti provocatori:  prescindendo da una chiara e meditata  conoscenza dei fatti storici certuni, specie giovani senza arte nè parte (mi si passi l’adagio) si avvalgono all’occorrenza di comportamenti e simbologie naziste e fasciste perchè sembrano causare risposte che turbano e/o scandalizzano il pubblico. E’ da vedere se oggi, visto il montare delle campagne xenofobe, tali atteggiamenti invece di essere giudicati inaccettabili e provocare scandalo non incrementino invece adesione, condivisione da parte della popolazione. Da qui il pericolo che le masse si spostino ancor più a destra e alla fine inneggino a un governo forte in grado di impedire quella che si interpreta come un’invasione.
6) sottovalutazione della cultura scientifica e del ragionamento logico e argomentato logica.
Ragionamenti semplificati, corrivi e orientati alla facile dicotomia (contrapposizione, polarità, ecc.).
Supervalutazione della cultura tradizionale, esoterica, eroica, elitaria, superomista.
Utilizzo profuso  del simbolismo e  del mito.
Fiducia nella prospettiva  trascendente (divinità, Fuhrer, regno millenario, ecc.).
Predilezione per alcuni miti terra-suolo, il naturismo e il folklore (volkisch). Componenti queste ultime che, come altre,  spesso vengono condivise da personalità non fasciste, almeno secondo una disamina di superficie. Antimodernismo.
6a) Anticriticismo: incapacità di svolgere criticamente gli argomenti, specie quelli politici. Questi sono immancabilmente  inficiati di pregiudizi e dogmatismi che riprendono lo spirito fideistico delle religioni.  Corrività. In luogo del dibattito pacato e razionale si preferisce lo scontro verbale generico ed eventualmente lo scontro fisico.
7) gregarismo e/o superomismo-elitarismo.
Culto dei capi storici del fascismo: Mussolini, Hitler, Franco, ecc. questo culto attualmente viene posto apparentemente in secondo piano da alcune formazioni fasciste che prediligono apparire più consone alla contemporaneità. Vedi Casa Pound che in questo si differenzia per esempio dall’ideologia di Terza posizione fondata sulla triade dio, famiglia, patria.
8) ribellismo generico e anti classismo. Ribellismo/qualunquismo più misticismo.    “Uomo della strada” , “mediocre”(W.Reich).
9) amore per la tradizione, vedi punto 6, il simbolismo, i miti volkisch (folclore etnico, populismo, ecc.). tendenza al semper idem. Come l’araba fenice che risorge, sempre uguale a se stessa, nonostante il suo incenerimento.
10) predilezione per la società feudale o genericamente gerarchica, le caste (India, ecc.)
11) attualmente contro la globalizzazione (salvo desiderare il “Regno millenario” planetario) e la finanza internazionale che, anche, durante il Ventennio,   era chiamata “plutocrazia”. In queste contrapposizioni vige un’estrema ignoranza dato che non è possibile contrapporsi  alla globalizzazione —  che in definitiva è il nuovo sistema di diffusione delle merci da parte delle forze capitalistiche — né si può essere contro la finanza internazionale,   predicando poi  l’interclassismo o il cosiddetto corporativismo (mai attuato nella sostanza), fenomeni consustanziali a questi ultimi. O in ogni modo fenomeni che basano i loro presupposti non certamente su una radicale manomissione dei dispositivi di potere ma a su un loro tenue trasformismo, spacciato poi da enfatiche e “rivoluzionarie” dichiarazioni. Essi infatti non prevedono la scomparsa della classe padronale ma una commistione tra classi lavoratrici e classi al potere per gestire (?), a loro dire degnamente, la società. Una vera e propria utopia – scomodando un termine che tuttavia dovrebbe essere adoperato sempre in contesti positivi e non in ambiti imbottiti  di ipocrisia o di menzogna –  dato che le classi egemoni non possono rimanere tali se non fondandosi sullo sfruttamento e l’oppressione di quelle che lavorano (o non lavorano sempre per cause intrinseche alla gestione elitaria delle risorse del pianeta).
11a) Sovranismo. Sono concepibili, comunque, sovranismi di sinistra
11b) Populismo declinato diversamente  secondo i molteplici contesti storici e geopolitici. Sono concepibili, comunque, populismi di sinistra.
12) in maniera sporadica, tendenza all’eroismo, per cause non egalitarie ma narcisistiche o falsamente onorevoli
13) materialismo mascherato da spiritualismo, idealismo, misticismo (“merci” e donne al loro uso e servizio, se uomini; se donne, parimenti; se transgender parimenti).
14) mancanza di ideali sostanzialmente innovativi/ presenza di ideali asserviti al potere
15) prevalenza di impulsività e irrazionalità (vago intuizionismo). Fissazione allo stadio fallico narcisistico e tendenza al masochismo, usando la grammatica freudiana
16) culto del corpo e sua manipolazione: tattoo, body building, sport violenti – dal pugilato alle arti marziali intese nella loro accezione prevaricatrice – compresi in ultima istanza i combattimenti dentro le gabbie senza regola alcuna.
17) accettazione del dominio padronale e quindi del capitalismo anche definendosi paradossalmente anticapitalisti (e magari corporativisti, come se fosse qualcosa di sostanzialmente diverso)
18) impossibilità ad assumere il ruolo di autentico “rivoluzionario”, come spesso si autodefiniscono.   Vedere a questo proposito la marcia su Roma. Sono impossibilitati, in altri termini,  a concepire una rivoluzione radicale della società, visto che il fascista copre – e ad essi è sottoposto – sempre interessi di qualche potere forte (agrari in Italia dopo il biennio rosso, per esempio) o vuole lui stesso assurgere a ruoli forti e dominatori (Fuhrer, duce, gradi alti della gerarchia, ecc.).
19) dogmatismo (incapacità di confrontare dialetticamente le proprie opinioni o pseudo tali). Un’idea o pratica, ad esempio alimentare, uscendo per un momento dal contesto prettamente politico,  diviene assoluta e quindi fonte di divario elitistico con gli altri. Comunitarismo (gruppismo, clan, familismo, ecc.) – che spesso prende il posto del nazionalismo o del patriottismo di vecchia data – declinato  a livello politico ma anche basato su altri presupposti.
19.1) Supponenza. Prevalenza di generica ignoranza “riempita” con frasi fatte, posizioni malamente valutate, nozioni raccolte al solo scopo di convalidare una pretesa superiorità personale, comunitaria, razzista.
20) religione come politica o politica come religione
20.1) fede in dio
20.2) paganesimo o neopaganesimo (vedi Alain de Benoist)
20.3) attribuzione della categoria “sacro” a diversi referenti nei più vari ambiti. Sacralizzazione della vita e dell’esistenza nonché a volte, come in de Benoist panteismo. Tuttavia quest’ultimo intellettuale sembra peschi dai più vari ambiti concetti e posizioni, tanto che il suo destrismo o anche fascismo è oramai un’amalgama indecifrabile in prima istanza ma pur sempre connotata da un’aria di famiglia destrofascista.
21) fiducia cieca in partito, organizzazione, clan, orda, fondati sui principi appena esposti
22) attualmente antiamericanismo
23) attualmente critici partendo da idee  complottiste (specie rifacendosi al complotto giudaico-massonico di vecchia data) o partecipi, di fatto o sul piano del desiderio, di macchinazioni complottiste. Complottismo.
24) riduzione in entrata o in uscita di empatia; atteggiamento… “antipatico”, provocatorio e spesso forzatamente spavaldo.
25) senso dell’onore e della gloria acritici e con referenti dozzinali o illusori
26) idealismo grandioso. Una sorta di “idealismo assoluto” (Hegel) trasposto in ambito politico
27) autoidentificazione di sé stesso come fascista (o nazista) che rappresenta l’elemento irrinunciabile, in fondo, di colui che intende non soltanto porsi alla maniera fascista nelle relazioni interpersonali che avvia, ma agisce socialmente, in seno ad un gruppo, a un partito o nelle istituzioni “totalitarie” per trasformarle o mantenerle nel senso del fascismo storico o idealizzato. Vedi punto seguente
28) ambiguità espressa nei programmi delle formazioni fasciste che si esprime a livello pratico (comportamenti, slogan, uso della violenza, ecc.) con modalità squadriste. In altre parole, si evitano ipocritamente  le  categorie fasciste e naziste nonostante i programmi stessi siano infarciti del loro spirito. Spirito che si concretizza poi nelle azioni sul territorio.
Attualmente vi sono anche coloro che, essendo obiettivamente fascisti,  rifiutano di essere identificati col fascismo, considerando questo, ipocritamente e falsamente,  un reperto del passato. Si vedano alcuni esponenti di Casa Pound (vedasi Simone Di Stefano: incontro su You Tube con Corrado Formigli, https://www.youtube.com/watch?v=12DklmZNFf8).
Ambiguità, ipocrisia, ignoranza storica, pressapochismo, sono parole che si addicono in maniera congrua col fascismo contemporaneo e quindi con i fascisti e  i nazisti che da questa ideologia  sono  manipolati.
29) anticomunismo, antianarchismo, generico antilibertarismo. propensione alla dittatura, all’antiparlamentarismo, all’ anti democrazia, all’anti liberismo. Ad eccezione di momenti storici in cui certi gruppi o partiti  fascisti competono in parlamento (anche Mussolini e Hitler  lo hanno fatto) per raggiungere il potere che trasformano quasi subito in una dittatura più o meno assoluta (a seconda del grado di penetrazione nel tessuto sociale e politico economico).
Riguardo al liberismo o al neo liberismo economico (in sostanza il capitalismo seppure nella sua versione più libera, appunto)  esso è rifiutato nella misura in cui le forze capitalistiche non favoriscono  il gruppo o partito fascista. Evenienza determinante poichè non è possibile assumere posizioni di potere in una società capitalistica senza avere il sostegno del capitale (vedi Daniel Guerin, Fascismo e gran capitale, 1936).
30) tendenza all’infiltrazione in formazioni politiche “di sinistra” (quando ci sono veramente).
31) tendenza ideologica a confondere le categorie politiche o sociali (ad esempio fascismo anarchico, nazimaoismo, nazibolscevismo, rivoluzione conservatrice, fascismo libertario, ecc.). Oggi questa tendenza è molto diffusa e tende a convincere  che non ci siano differenze reali tra idee politiche anche apparentemente antitetiche. Nella sostanza invece il fascista è proiettato verso mete che non possono essere genericamente assunte per il “bene” delle moltitudini, ma per gli interessi di casta, elitari e dei soliti poteri forti, occulti e manifesti.
32) opportunismo becero (paraculismo). Ad esempio: fare una politica di elargizione beni di prima necessità ai meno abbienti (non immigrati) per ottenere un’immagine positiva e un voto di scambio laddove si configuri questa possibilità. Casa Pound adesso ha dei parlamentari e quindi ha  necessità di ottenere consensi a tutti i livelli. Ovviamente i “poveri” per i fascisti sono solo strumentali – per giunta sostanzialmente disprezzabili –  e funzionali laddove siano in grado di servire  ai loro scopi cioè mediante  l’acquisizione di voti parlamentari
33) la personalità fascista è portata all’uso della forza e quindi predilige lo scontro fisico invece di quello dialettico basato sul confronto degli argomenti. Inoltre vi è una spiccata predilezione per la morte, il sangue. Teschi, ossa, simboli acuminati fanno presagire la violenza in atto, la sofferenza, la morte appunto (culto della morte mediante varie simbologie come il teschio ecc.). Rituali rigenerativi che dalla morte, dai cadaveri, dgli scheletri, dal fuoco, dalla notte, presagiscono una rinascita grandiosa.
La necrofilia direbbe Erich Fromm (Anatomia della distruttività umana, 1973) è stato un tratto caratteriale di Hitler e di chissà quanti altri propugnatori delle pseudo idee fasciste e naziste.
Nella scelta di queste simbologie  si vedono certe analogie con la cultura cristiana che ha come simbolo appunto  un cadavere grondante  sangue e spesso quest’ultima, per far breccia nella mente dei suoi seguaci, parla con enfasi talvolta terrorizzante  di morte, sofferenze ecc e… rigenerazione.
La morte per rinascere nel paradiso cristiano o nel regno millenario di marca hitleriana.
34) In definitiva non si può sussumere la personalità fascista nell’ambito della patologia mentale, seppure è possibile che talvolta accada. Sono noti alla storiografia i deliri megalomanici, di Hitler così ben documentati da molti video che si trovano anche in rete, unitamente alle  paranoie che infestavano il suo comportamento quotidiana. Tratto quest’ultimo che caratterizza vecchi e nuovi dittatori. Per capire questi ultimi è meglio mettersi nei loro panni, come sostiene il sociologo, studioso dei movimenti terroristici, Alessandro Orsini, assumere cioè il loro punto di vista piuttosto che psichiatrizzarli, operazione che, di fatto, rinuncia alla autentica comprensione dei fenomeni.
35) Tendenza alla formazione di gruppi ultras in ambito sportivo, specie calcistico (CURVE).
36) Guerra civile etnica in sostituzione di altri tipi di guerra per giungere alla disintegrazione del sistema mediante la contrapposizione su base razziale dei contendenti che avverrà su un piano globale seppur partendo da ogni singolo paese: una sorta di speranza maligna per ottenere la supremazia.
Suprematismo dell’etnia bianca, occidentale, ariana, ecc. ecc.
37) Orientamenti estetici verso i toni scuri della gamma cromatica e verso le forme acuminate o rappresentative di concetti “duri”: angoli, lame, spine, martelli, ecc. Goebbels parlava di  romanticismo di acciaio.
In musica, orientamento verso composizioni che enfatizzano il senso della tragedia, dell’assoluto, della forza, della distruzione, ecc.
38) Spiritualismo e spiritualità (antimaterialismo ipocrita) secondo canoni anche paradossali che divengono facilmente autocontradditori dato che il fascista impone con la forza,  che è un fenomeno materiale,  la sua visione del mondo agli altri usando per giunta risorse economiche ben lungi dall’essere qualcosa di spirituale, cioè avulso dalla contingenza e perfettamente radicato nell “regno” della materialità sotto forma di economia, finanza, capitali che nonostante siano concetti spesso aleatori non possono sussistere senza lo sfruttamento del lavoro e l’accumulazione di risorse. In altri termini, in barba alla spiritualità espressa in modo anche ipocrita e finalizzato all’interesse privato del singolo, il fascista non può sottrarsi (e come potrebbe?) alle leggi e ai vincoli della natura e  naturale e dei rapporti sociali determinanti storicamente.
39) Machismo nei rapporti tra sessi (tra individui).
Patriarchismo in cui la figura del padre ottiene di nuovo i ruoli  di un tempo.
In opposizione al patriarcato alcuni fascisti predicano l’adesione alle istanze del  Matriarcato secondo Bachofen.
Antifemminismo.
Omofobia, tranne nel privato (esempio storico a tratti comico è quello di Rohm    e delle SA in cui le pratiche omosessuali erano piuttosto diffuse). Nei campi di concentramento gli omosessuali erano contraddistinti da un triangolo  rosa.
40) Tendenza a “superare” la dicotomia destra/sinistra in favore di posizioni alternative che in sostanza alternative non  sono perché sono pur sempre inscritte in sistemi sociali retti dal capitale (detenuto dai singoli o dallo stato, ammesso sia possibile una distinzione netta, considerando che le dinastie economico finanziarie monitorano sempre il terreno socio politico in cui operano ben attente a non perdere i privilegi maturati a volte nel corso dei secoli e capaci di “creare” ordinamenti statali che ne tutelino le ricchezze) e sull’ordinamento gerarchico. Del resto se vi sono avvicendamenti nella gestione del potere e dell’economia-finanza ciò non significa che vi sia una trasformazione sostanziale: a certi capitalisti e finanzieri ne subentrano altri, ma siamo sempre in un regime retto dalle leggi del capitalismo e del potere.
41) Tendenze illiberali, nel senso più nobile della parola “liberale” che deve però sempre essere accompagnata dalla giustizia. La libertà di espressione e di movimento da sola non caratterizza una società in senso positivo se non è accompagnata dall’egualitarismo dei punti di partenza e dalla equità rispetto all’ambito  lavorativo, oltreché dalla impossibilità di accumulare capitali (e qui parlo di capitali ingenti) tramandandoli ai posteri.
42) Tendenza a credere in entità soprannaturali, dio e mitologie di vario genere, dato che queste rappresentano l’apice della piramide gerarchica che ogni fascista ha in mente. Solitamente i loro dei assicurano il bene solo per gli  eletti di turno e non per l’intera umanità, anche se si tratta del dio cristiano declinato nella medesima maniera, come si evince ad esempio nei movimenti tipo Ku Klux Klan e nei movimenti evangelici americani o nei regimi tipo quello spagnolo.
Inoltre l’eteronomia del fascista non si oppone per nulla alla direzione del più forte (sottomissione) e chi è più forte e potente di una divinità, seppure soltanto immaginata e/o desiderata?
Il discorso può essere articolato anche considerando l’Islam, termine che sostanzialmente  vuol dire sottomesso (come muslim), dato che bisogna vedere quanto la sottomissione solamente a una divinità nella fattispecie a un pensiero della divinità, possa, nonostante le apparenze, configurare di fatto  una personalità libera, o meglio sottomessa solamente a dio e non ad altre autorità temporali. Tolstoj, spesso definito un pensatore anarchico, diceva che l’unica autorità a cui si sottoponeva era appunto dio: ma se dio è un’idea, o meglio l’idea che il singolo si fa di un ente astratto, allora egli è sottoposto soltanto a lui medesimo. Se dio è allora l’uomo è schiavo. Ora, l’uomo non può, non deve essere schiavo, dunque dio non esiste, diceva Bakunin. Certo, ma se dio è soltanto, come non può non essere, un’idea del soggetto e non un’entità dotata di effettiva esistenza nella realtà materiale e sociale, questa idea è una parte del soggetto (una sua modalità espressiva) che la tratta come vuole e sente. In altri termini: il soggetto si pone davanti a se medesimo pur nella plurivocità delle sue espressioni di pensiero e di comportamento. In questo modo rende conto solo a se stesso e non a un’autorità che lo sovrasta. E’ libero e autonomo anche se inventa un’idea che apparentemente è a lui  estranea. perché complicare le cose, usiamo il rasoio di Occam: non vi sono autorità esistenti esterne a noi e agli uomini in generale se non quelle autorità che davvero possono incidere sul nostro stato di salute psicologica ed esistenziale (capitalisti, gerarchi, autorità religiose, ecc.): le costruzioni proiettive della nostra mente creativa possono sempre essere decodificate, il pensiero critico infatti ha anche questo onere,  e disciogliersi nella realtà dei fatti.
43) Interclassismo e rifiuto della lotta di classe.
44) nazionalismo e sciovinismo
45) Volontà di potenza che rappresenta comunque uno dei tratti basilari della personalità fascista. Il fascista vuole dominare il mondo, dominare la sua nazione, dominare il suo gruppo di appartenenza, la sua famiglia e infine, piuttosto che deprimersi constatata la sua incapacità generale si  sottomette al capo cui fa riferimento,  proietta su esso le sue iniziali fantasie di potenza, ne introietta altresì il ruolo che diviene parte integrante di se medesimo e infine ne esalta a dismisura la figura. Qui nasce l’eteronomia che parte,      appunto, da una richiesta di autonomia frustrata, ostacolata, nel raggiungimento della meta.
L’autonomia di una volontà che si crede potente  (che vuol dominare a tutti i costi la realtà naturale e sociale; l’onnipotenza del pensiero infantile) ostacolata dalla realtà (principio di realtà freudiano)  riduce la sua carica energetica e al contempo si trasforma nel suo contrario, divenendo eteronomia, cioè dipendenza da una volontà esterna consustanzaile alla figura del capo.
La personalità fascista  oggi (ma del resto anche ieri) influenzata da un indefesso individualismo narcisistico  tuttavia è sempre pronta a genuflettersi di fronte al padre-capo-fuhrer-padrone di turno, se questi è in grado di manifestare un potere adeguato.
46) Antiparlamentarismo, partito unico, Fuhrer-dux: totalitarismo di destra, fascista e autoritario – ammesso ci possa essere un totalitarismo di sinistra. Il totalitarismo, secondo la Arendt, permette di non differenziare il totalitarismo come esiti di una politica di destra da quello di sinistra.  Partendo da questo presupposto, ne esce senza peccato soltanto la democrazia liberista.
47) Negazionismo rispetto alla Shoah. Secondo i fascisti la storia, almeno quella del Novecento, è stata scritta dai vincitori. Adesso spetta ai vinti correggerne le interpretazioni e riportarle alla pretesa verità dei fatti: revisionismo. Da notare che la ricerca storica revisiona sempre le interpretazioni elaborate a partire da documentazioni credibili e oggettive e dalle testimonianze storiche.
48) Prevalenza della politica sull’economia.
49) Onore
50) Disprezzo riguardo all’importanza dei diritti umani
51) Stato di polizia. “Le peculiarità tipiche del regime totalitario distinte in un’ideologia che cerca di sovvertire l’ordine sociale vigente; un partito unico di massa, con a capo un leader che accentra su di sé tutti i poteri politici; un controllo totale dei mezzi di comunicazione di massa e dei mezzi di coercizione; un terrore diffuso tramite operazioni della polizia segreta.” (da una tesi on line)
52) Pedagogia: l’uomo nuovo.
“Dalla metà degli anni Venti il regime fascista avviò il più grande esperimento di pedagogia politica di massa mai tentato nella storia italiana: forgiare una collettività organizzata di cittadini-sudditi, imbevuti sin dalla più tenera età di un’ideologia fascista nazionalpatriottica e militarista. Questo progetto, totalitario nelle intenzioni e propagato attraverso il termine di «uomo nuovo», divenne una forza trainante del regime, e diede occasione a gruppi di volonterosi esperti ed educatori di trovare una nuova collocazione sociale e opportunità di far carriera all’interno del regime, lavorando «incontro al Duce».” (vedi: L’uomo nuovo del fascismo. La costruzione di un progetto totalitario, saggi di:
  • Lutz Klinkhammer, Patrick Bernhard, L’«uomo nuovo» del fascismo. Tra progetto e azione
  • Loreto Di Nucci, Il fascismo e il problema storico della costruzione dell’‘uomo nuovo’
  • Alessandra Parodi, «Generazioni di laboratorio»? Tentativi di costruzione dell’uomo nuovo come ʻuomo sanoʼ nel regime fascista
  • Monica Cioli, Il mito della macchina nella costruzione dell’«uomo nuovo» fascista
  • Fulvio De Giorgi, Il cattolicesimo italiano: un concorrente totalitario
  • Luca La Rovere, La formazione della gioventù in regime fascista. La scuola e le organizzazioni giovanili
  • Michela Minesso, Costruzione dell’«uomo nuovo» e Stato sociale. L’ONMI negli anni del fascismo
  • Patrizia Dogliani, Educazione fisica, sport nella costruzione dell’«uomo nuovo»
  • Claudia Mantovani, «Bonifica umana» e prevenzione. Due proposte di «medicina politica» durante il regime
  • Roberto Maiocchi, Gli scienziati italiani e la guerra d’Etiopia
  • Mariuccia Salvati, Teoria e uso della propaganda nella guerra fascista. Il caso di Camillo Pellizzi
  • Giovanni Cerro, Il fascismo e la stirpe mediterranea. La ricezione dell’antropologia fisica di Giuseppe Sergi tra il 1938 e il 1942
  • Patrick Bernhard, Creare un ceto agricolo ʻsanoʼ. Razza, suolo e politiche agricole e di insediamento nell’«Asse» fascista
53) Il fascista può anche essere “oggettivo” (giudizio degli studiosi o di soggetti altri rispetto all’individuo cui viene emesso il giudizio); in questo caso egli sarebbe  dunque inconsapevole, “inconscio”, nel senso che non avrebbe alcuna ideologia o consapevolezza appunto  in conseguenza delle quali egli si muove tra i suoi simili seguendo modalità cui solitamente si attribuisce caratteristiche fasciste. (vedi E. Gentile, Fascismo, in cui esprime perplessità sull’utilizzo di queste categorie). Del resto, nel primo importante studio di psicologia individuale e di massa del fascismo (Psicologia di massa del fascismo, 1933), Wilhelm Reich sosteneva che il fascismo è sostanzialmente una struttura caratteriale che può caratterizzare anche coloro che professavano idee di sinistra o chiaramente comuniste. pertanto, seguendo le analisi di questo autore,  il fascismo non è  (o non solamente) un partito, ma una psicolgia  fondata principalmente su basi inconsce o a seguito dall’introiezione dell’ideologia patriarcale e poi capitalistica dominante in quasi tutte le società occidentali a partire dall’epoca dell’introduzione dell’agricoltura, circa 10.000 anni fa.
54) Perversione superegoica, super io primitivo, secondo le analisi dello psicoanalista Niels Peter Nielsen in L’universo mentale nazista (pp. 139 sgg).
55) convergenza controintuitiva con l estremismo islamista sulla base di: antusionismo e antiebraismo, fede contro ragione, antiamericanismo e antimodernusmo, masochismo e antifemminismo, ecc. (Cfr. Julia ebner, La rabbia, 2018).


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    I tratti caratteriali e ideologici, alcuni dei quali illustrati ampiamente da Wilhelm Reich (1897-1957) nel suo “Psicologia di massa del fascismo” (1933), non sono sempre compresenti e tuttavia molti di essi si trovano in stretta relazione tra loro e quindi sostanziano il carattere, la personalità, il modo di pensare del fascista (e del “fascista”), quello che potremmo chiamare il “reticolo fascista”.
La loro prevalenza, la costanza nel tempo, l’accentuazione con cui si manifestano, determina il soggetto segnatamente fascista.
Alcune di queste caratteristiche sono primarie: l’autoritarismo, l’amore per la gerarchia, il culto del capo, il razzismo.
Altre sono diffuse anche in altre personalità, pensiamo, ad esempio, al dogmatismo, alla politica fusa con la religione (islam, fondamentalismi vari), al culto del corpo, oramai generalizzato in tutte le classi sociali, all’anticlassismo tipico di ogni liberismo e del Cristianesimo specie cattolico.
Quanti sono, ad esempio, “antipatici”, privi di empatia, superomisti, razzisti, essendo liberali o ancora finanzieri apolidi, qualunquisti, timorati di dio?
L’antiamericanismo, indubbiamente, è punto di forza anche di movimenti dichiaratamente comunisti o genericamente di sinistra.
Proviamo adesso a fare il discorso invertendo i termini della questione.
Le qualità che si contrappongono dicotomicamente (gerarchia/non gerarchia, razzismo/antirazzismo, ecc.) a quelle elencate diventano invece inammissibili, paradossali, per il carattere fascista.
Non vi è comportamento fascista dove manca la prevaricazione o la dominazione/sottomissione, l’elitismo, la gerarchia, il culto del più forte, del capo.
Non vi è fascismo dove è presente amore per la cultura (che prescinda da quella autoidentitaria), egualitarismo, antirazzismo, critica radicale, capacità di confrontarsi sul piano delle argomentazioni e quant’altro.
Il “carattere fascista” (in assenza di fascismo conclamato), può assumere tutte le sembianze che vuole, ma deve per forza di cose pescare nell’ambito caratterizzante che ho appena elencato.
Detto questo, è evidente che i tratti fascisti possano esulare dai partiti di appartenenza, dai ruoli che ciascuno ha nella società, anche se alcuni ruoli evidentemente sono, al contempo, causa ed effetto di quelle stesse caratteristiche.
O ancora sono disgiunti dal genere, anche se il maschio ha più opportunità di manifestarli. Quindi è possibile che qualche tratto fascista emerga da chiunque, anche da chi si professa coscientemente di altra confessione politica, pure saltuariamente.
Wilhelm Reich parlava di “fascismo rosso” riferendosi a Stalin e ad alcuni dirigenti comunisti che poi lo ostracizzarono violentemente.
Il Fascismo e il Nazismo come strutture ideologiche e politiche apparse nella storia hanno, però, fatto emergere (a loro volta sostenendole) proprio le connotazioni caratteriali e ideologiche appena descritte, perché le più idonee ad ottenere le finalità che quei sistemi politici si prefiggevano.
I fascisti e i nazisti sono il risultato di una selezione tra coloro che meglio si prestavano (si prestano e si presteranno) ad eseguire ordini inumani, attuando comportamenti brutali e crudeli con l’unico scopo di prevalere come individui al servizio di uno stato che volevano potente e prescelto dal destino.
Finalità che del resto si pongono in sintonia, pur ciascuna in modo peculiare, con l’essenza delle società agricole e industriali, da millenni (almeno 10.000 anni), fondate sullo sfruttamento del lavoro e l’accumulo di capitale.
Parte seconda
Una precisazione: la critica al fascismo non esclude la critica ad altri sistemi sociali, compresa la cosiddetta democrazia o quella che alcuni chiamano la democrazia senza liberismo. La democrazia spesso ha dimostrato la sua passività di fronte all’iniquità sociale e al capitalismo internazionale e liberista. L’uso istituzionale della Resistenza non deve avvallare mai una società come quella occidentale fondata sulle due caratteristiche menzionate alla fine dell’articolo.
Monitorare il fenomeno fascista nel suo versante storico politico e psicologico rimane, tuttavia, importante anche attualmente.
La presenza del fascismo, anche come somma consolidata di tratti caratteriali soggettivi, permette la mano d’opera necessaria per intraprendere vie politiche autoritarie.
Il fascismo è una possibilità politica che, come detto altrove (https://andreapitto.wordpress.com/…/polarita-sinistradestr…/), può, quindi, ripresentarsi nella storia. Non è plausibile, perché non realistica, sostenere la tesi che il fascismo è retaggio di altri tempi. Al contrario, il fascismo, è, e sarà sempre, la via estrema intrapresa dai potenti che gestiscono le sorti di una società quando sentiranno la terra franare sotto le loro lussuose scarpe.
 Parte terza
Uno studio sulla “Personalità autoritaria”(1950) è stato condotto da T.W.Adorno e la sua equipe. Esso tiene in considerazione, partendo anche da premesse psicoanalitiche, una “scala dell’antisemitismo”, dell’etnocentrismo, del conservatorismo politico-economico e del fascismo potenziale.
Più vicini alla contemporaneità sono gli studi di Bob Altemeyer che parla di “tendenze antidemocratiche” e di autoritarismo di destra e di sinistra.
Alcuni studiosi, come Jim Sidanius e collaboratori assieme a Felicia Pratto e altri, hanno proseguito le ricerche sull’autoritarismo, la discriminazione, la brutalità, l’oppressione e la tirannia, come tendenze insite nella struttura di determinate personalità.
La “teoria della dominanza sociale” (SDO) rappresenta il coronamento degli studi appena citati.
 Parte quarta
Quando si instaura uno stato fascista (gerarchico, militarista, al soldo di grandi capitali, anticomunista, ecc.) esso fa emergere, selezionandoli, individui che hanno molte delle caratteristiche appena citate.
Questi divengono gli strumenti per mantenere lo stato forte e, al contempo, quest’ultimo permette al singolo fascista di esplicare liberamente le tendenze proprie del carattere e dell’ideologia fascista.
La personalità fascista, com’è ovvio, ha la funzione di facilitare quel potere che si trova in sintonia con essa.
Così come, genericamente parlando, il potere fascista, una volta attestatosi su una determinata società, elargisce soddisfacimenti e stimoli adeguati alle personalità fasciste che così trovano il loro migliore “lussureggiamento”.
 Parte quinta
Interessante il concetto di Ur-fascismo, il fascismo perenne/eterno, espresso da Umberto Eco in un articolo sul giornale la Repubblica (https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1995/07/02/identikit-del-fascista.html?refresh_ce )
Parte sesta
Rimangono da menzionare e analizzare criticamente questi fenomeni:
a) il cosiddettofascismo rosso o fascisti comunisti o camicie nere di Togliatti o ancora ex fascisti di sinistra, terminologie  da differenziare rispetto al fascismo rosso di cui parlava Wilhelm Reich. 
b) il fascismo sociale. In italia questo fenomeno si riferisce al fascismo della prima ora e a quello della RSI, la Repubblica Sociale Italiana o Repubblica di Salò, esperienza  che si connette alle terminologie del punto a.
c) il fenomeno già menzionato di chi si professa nè di destra nè di sinistra ma che quasi sempre è orientato ai valori e alle finalità che da sempre sono espresse da raggruppamenti politici ordinariamente di destra, specie da quella estrema sia pure inquadrata in un ordinamento legalitario (magari provvisoriamente).
d) l’antiliberalismo di destra, per esempio quello del filosofo russo Alexandr Dugin (elabora Evola, Guenon, Heidegger) che teorizza l’impero euro-asiatico.
e) il nazional-bolscevismo (Partito nazional bolscevico), di Eduard Limonof, anch’egli teorizzatore dell’impero euro asiatico. Attualmente pare che questo partito sia fuorilegge in Russia.
Il bolscevismo viene qui inteso come “marxismo di destra” o “comunismo di destra” e riprenderebbe idee originarie e poi abbandonate da Marx stesso quando ancora guardava con interesse al  misticismo, alla spiritualità e alle teorie gnostiche.
f) Il nazi-maoismo, il nazional-anarchismo e altri movimenti o tendenze affini che coniugano, come quello precedentemente menzionato,  idee rivoluzionarie appartenenti alla sinistra con idee di destra, autoritarie e sostanzialmente antitetiche a quelle cui si antepongono storicamente, ma tendenti a rimestare le acque, consapevolmente  oppure no, sottraendo  consensi all’insieme di soggetti politici realmente orientati al cambiamento radicale della società capitalistica.  Dividi et imperat.

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