(tratto da: Appunti
in fase di elaborazione per uno studio della personalità fascista contemporanea)
Il
fascismo assume e distilla tutte le caratteristiche meno nobili e
all’occorrenza deleterie che appartengono, in quanto possibilità, al soggetto
umano. Un regime fascista crea la figura contenitore, l’idealtipo,
del fascista, ma questo, assumendo tratti di personalità
genericamente considerati meno nobili e nocivi favorisce altresì la formazione
del fascismo come fenomeno storico. Società e stato fascisti determinano
la formazione della caratterialità e dell’ideologia fasciste e quest’ultime
pongono le premesse per la sua costituzione in un circolo ricorsivo senza
soluzione di continuità.
A ogni
buon conto debbono esserci determinate condizioni storiche e sociali affinché
possa formarsi uno stato fascista, com’è accaduto, ad esempio, in Italia
e in Germania.
Invece la
personalità fascista è possibile in ogni contesto storico, nonostante il
termine stesso sia piuttosto recente e nonostante gli storici si oppongano
all’ampiamento semantico appena proposto. Qui non è questione di rigorismi
dottrinari. I vari insegnamenti che appartengono alle cosiddette scienze
umanistiche debbono considerare i fenomeni reali per come si presentano agli
occhi dell’attento osservatore. Essi, per loro natura, sono compositi e
complessi, quindi non è possibile relegarli in un solo ambito (storico,
psicologico, politico, filosofico, economico, antropologico, ecc.) per
comprenderne il significato e la dinamica con cui si esplicano nella realtà.
Vi deve
essere una contaminazione tra i molteplici rami del sapere. E’
inopportuno negare la fenomenologia fascista quando essa si presenta al di
fuori e al di là degli ambiti storici o semantici o ancora filosofici
consolidatisi magari soltanto in un contesto teoretico e universitario, se poi
gli effetti di essa sono analoghi in ogni momento storico: sottomissione,
dominio autoritario, violenza, gerarchismo. Tutti fenomeni causati dalle
medesime cause di sempre: esacerbato egoismo e volontà di potenza, aridità
emozionale, predominio narcisistico, interessi di potere e economico
finanziari, disinteresse per il bene pubblico in favore di un bene confinato ai
pochi eletti, anch’essi in definitiva strumenti nelle mani delle sparute èlite
che assurgono alle vette del potere.
L’individuo
fascista – caratterizzando poi i gruppi, le etnie, le nazioni, gli
stati dei quali è componente – assume le pulsioni emotive, i
sistemi ideologici e le volontà che crede lo favoriscano rispetto al suo prossimo,
definito nemico, diverso, inferiore e considerato ostacolo alla propria
volontà di potenza.
Il
fascista è sempre mosso da questa prospettiva: acquisire più potere
(importanza, rispetto, reverenza, denaro, ecc., prescindendo ovviamente
dal possedere autentiche qualità), reale o immaginato. I terreni di lotta
e conflitto sono i più diversi e vanno dall’intera società al gruppo entro
cui agisce o addirittura alla famiglia in cui egli esercita, specie
se è maschio, la forza e l’autorità, reprimendo e rendendo succubi i suoi
familiari.
Non si
esce da questo canone comportamentale e mentale: prevalere sugli altri, portare
il proprio sè al di sopra del prossimo – scelto per le caratteristiche che si
prestano al suo disegno conflittuale – che diviene il nemico da abbattere con
ogni mezzo, all’occorrenza distruggere senza alcuna pietà. In questo continuo
combattimento, creduto vitale, il fascista si allea con alcuni dei suoi simili,
quelli che condividono la medesima impostazione caratteriale e ideologica,
e accetta di buon grado, seppur paradossalmente, la sottomissione
al più forte dello stesso gruppo, poichè è fiducioso che quest’ultimo gli
permetterà infine di prevalere, realmente o in forma delirante e idealizzata.
L’io, associandosi, diviene un noi, un noi sempre specifico,
delimitato e tendenzialmente impermeabile ad altre consociazioni umane. In
questo senso le caratteristiche individuali del fascista divengono
caratteristiche sociali e politiche. Ma avviene anche il contrario: determinati
presupposti sociali e politici fanno emergere, consolidano o creano di sana
pianta, la caratterialità fascista che si arricchisce di razionalizzazioni
ideologiche.
L’egoismo,
la violenza, la prevaricazione, la volontà di potenza, fuoriuscendo dal
foro interiore assumono specificità sociali, politiche e storiche.
D’altra
parte, la dicotomia tra servo e padrone è dinamica: essa compone una catena di
comando che, escludendo le estremità, ha sempre un elemento prima di sè e dopo
di sè. Sottomissione a chi sta più in alto e oppressione verso chi sta più in
basso: non vi sono alternative per il fascista che è sempre mosso dal
risentimento, dall’invidia e dalla volontà di essere più di quel che potrà mai
essere.
Il
fascista non accetta l’anonimato, la semplicità di essere quel che è, e
crede di potersene allontanare assumendo tratti caratteriali e comportamenti
spavaldi, provocatori, spesso aggressivi-violenti. Queste caratteristiche
vengono corroborate da un credo politico e religioso che sostanzialmente
razionalizza quegli impulsi e quella volontà le quali, dal lato logico e direi
anche umano, non potrebbero essere mai giustificate, se non considerando
gli interessi soggettivi di coloro che li esprimono. Insomma,
è possibile un fascismo senza consapevolezza di essere fascista, dato che è
sufficiente il comportamento fascista e/o pensare usando canoni
fascisti, affinché l’occasionale osservatore sappia di cosa si
tratta. Per sapere, cioè, che il soggetto osservato è
obiettivamente un fascista e, in quanto tale, può causare i danni e i
pericoli di un fascista conclamato, usando una terminologia medica.
Tuttavia, è facile da comprendere, il fascista non è diverso dagli altri
componenti del consorzio umano, le sue paure, le ansie le incertezze
dell’esistenza, sono però come assopite, messe tra parentesi, rimosse o
sublimate (Freud docet) in favore di azioni e convincimenti che per
l’imponenza del loro manifestarsi riescono a tacitarle. Lo starnazzare del
fascista rude, deciso, perentorio e violento, pur essendo un individuo
colmo di paure e indecisioni all’interno di sé stesso, rappresenta un pericolo
per la società anche perché può essere manipolato dalle classi al potere
quando sentono la fragilità del loro dominio. Il potere ha presa
specie con chi apprezza i privilegi che può elargire. Ecco perché il
fascista, inteso anche in un’accezione ampia, diviene strumento di chi il
potere ce l’ha già o potrebbe averlo o, con proclami altisonanti, convince gli
sprovveduti desiderosi di predominio di poterlo ottenere in tempi brevi e
magari mantenerlo per tempi biblici.
Le ragioni
delle nazioni allora divengono facilmente le ragioni del singolo fascista che
abbandona apparentemente il proprio io per diluirlo, in quello
della patria: un corpo unico formato da tanti piccoli imbecilli convinti che
quest’ultima li assuma organicamente. Invece essi non sono altro che organi
esterni di un organismo che si muove senza alcun bisogno di individui
specifici, all’uopo considerati meri strumenti per raggiungere scopi al di fuori
della loro portata, consoni invece alle sole élite economico finanziarie o al
dittatore di turno.
Ma non è
necessario arrivare al concetto di nazionalità o al patriottismo, per altro
entrambi all’origine del fascismo storico, al fine di provare la predilezione
superomista del fascista verso le prospettive del potere. Basta osservare
l’odio espresso nelle curve dei campi di calcio, in cui i calcioterroristi
s’immedesimano in una guerra di fantasia idonea a sfogare gli istinti violenti
e di predominio verso la squadra avversaria. Non è da escludere che essi
vengano notati da chi di dovere per assumere questi facinorosi al fine di
espletare azioni che esulano dal calcio ed entrano a gamba tesa nella compagine
sociale, magari per sedare uno sciopero (in passato) oppure orchestrare una
spedizione punitiva contro i migranti. Insomma, i fascisti possono essere,
specie ai livelli più bassi, ottima carne da macello per l’esecuzione delle
azioni più riprovevoli. Il loro tornaconto è sempre della stessa natura: il
potere di fare cose che altri non faranno mai nella prospettiva di essere poi
loro a ordinarle: il servo, divenuto padroncino, ordina al servo più servo di
lui di eseguire le aberranti azioni che finora egli stesso doveva eseguire in
ottemperanza al servo più in alto della scala gerarchica. Essere il capo a
volte è possibile proprio dopo essere stato un servo. L’importante è avere
l’obiettivo del comando a ogni costo, solo cosi le pulsioni fasciste
possono essere ottemperate anche in condizioni di servitù marcata.
Resta da vedere quanto
fascismo, cosciente o inconsapevole, ci sia in ciascuno di noi.
“Il
fascismo, scrive Michela Murgia (“Istruzioni per diventare fascisti”, Einaudi,
2018, p. 95), ha la fantastica capacità, se non vigiliamo costantemente, di contaminare
tutto”.
Oggi la
personalità e l’ideologia fasciste – piuttosto che i sistemi politici al
potere e divenuti appunto stati fascisti – sono diffuse a largo spettro e
avvelenano i rapporti interpersonali, etnici, inter-nazionali, interreligiosi, ecc.
Lo spirito di esse, dunque, contamina l’intera società
senza soluzione di continuità. Ove tutto sia fascistizzato si riducono le
possibilità di identificare la fenomenologia fascista stricto sensu, ma
essa determina ugualmente e in modo carsico, subdolo, gli
individui e la società tutta riducendo le possibilità di contrastarne
l’ingerenza. Non solo, assumendo il fascismo segnatamente come
orientamento ideologico e caratteriale si entra nell’ambito del soggetto come
ente psicologico che diviene storico e sociale, non essendo comunque mai
avulso dalle determinazioni imposte dallo spirito del tempo e dalle
condizioni economiche che immancabilmente lo condizionano. Se
quest’ultimo è contaminato, ne deriva che ogni aspetto della società
risente di tale contaminazione. Per fortuna la fascistizzazione
della società non è mai completa, almeno fino ad ora, quindi è ancora possibile
ostacolarne la diffusione. O almeno si può tentare che essa causi il minor
numero di danni possibili.
Cercheremo,
dunque, di illustrare alcune caratteristiche o meglio tendenze del carattere e
del pensiero (ideologia), le abitudini che più di altre facilitano la
formazione del fascista e conseguentemente l’organizzazione di partiti,
movimenti o gruppi fascisti.
Parte
prima
Il fascismo
ha diverse modalità di manifestarsi sia nell’ambito soggettivo sia in quello
sociale.
Le più
conosciute manifestazioni di esso sono tuttavia quelle storiche e
politiche.
Sebbene a volte sia difficile definire il minimo comun denominatore dei vari fascismi – come affermava anche Renzo De Felice, uno degli storici più accreditati, seppur oggetto di giudizi controversi, che si sia interessato di Fascismo – vi sono degli aspetti ideologici e psicologici che caratterizzano il fascista e il “fascista”. In altri termini, questi ci permettono, di volta in volta, di includere un soggetto esaminato, un gruppo, un partito, nell’ambito del fascismo o della destra estrema, anche fuoriuscendo dagli ambiti storici in cui essi vengono ascritti.
Sebbene a volte sia difficile definire il minimo comun denominatore dei vari fascismi – come affermava anche Renzo De Felice, uno degli storici più accreditati, seppur oggetto di giudizi controversi, che si sia interessato di Fascismo – vi sono degli aspetti ideologici e psicologici che caratterizzano il fascista e il “fascista”. In altri termini, questi ci permettono, di volta in volta, di includere un soggetto esaminato, un gruppo, un partito, nell’ambito del fascismo o della destra estrema, anche fuoriuscendo dagli ambiti storici in cui essi vengono ascritti.
In
definitiva si possono fare queste provvisorie differenziazioni. La prima
riguarda la fenomenologia fascista del singolo più o meno integrato in un
gruppo di affinità che tuttavia opera in un contesto sociale e storico in cui
il fascismo non sia strutturato in un sistema istituzionale. Al di fuori, in
altri termini, di uno stato fascista.
La seconda
situazione riguarda il fascista nell’imminenza della presa del potere da parte
delle formazioni che egli stesso contribuisce a sviluppare.
La terza
si riferisce al fascista quando opera in uno stato fascista oramai strutturato.
Queste
diverse situazioni inducono il soggetto fascista a esprimersi accentuando o
diminuendo di intensità alcuni tratti caratteriali e ideologici che lo
caratterizzano rispetto alla definizione teorica, all’ideltipo, da
cui si procede per analizzarlo. E’ molto importante considerare il contesto
storico in cui si manifesta la fenomenologia del fascista (mi riferisco per
brevità al singolo fascista, consapevole che quasi mai egli sia isolato, anzi
quasi sempre coordina credenze e comportamento in base, come detto
poc’anzi, all’affinità con i suoi interlocutori) dato che la mancanza di
qualche tratto altrimenti dichiaratamente fascista potrebbe indurre un falso
giudizio e invece esso è mancante non avendo la funzione che ha in un diverso
contesto. Per esempio, sarebbe inutile l’antiamericanismo laddove gli USA non
avessero più il potere che hanno attualmente o diventassero una federazione di
stati a conduzione autoritaria. Oppure ostinarsi a costituire bande armate per
mantenere l’ordine in uno stato poliziesco.
La
fenomenologia fascista è caratterizzata da questi punti, variamente
interconnessi:
1)
tendenza all’autoritarismo. Statalismo o anche certo comunitarismo, volkisch.
Etnonazionalismo
2)
maschilismo. Sessualità fallocentrica che, specialmente se si esprime
nel rapporto eterosessuale, vede la partner ineluttabilmente in un ruolo
secondario e comunque “inferiore”. Tendenza a considerare il ruolo femminile
nella società solamente secondo quello materno
Potremmo
dire genericamente che il ruolo della donna, così come s’è sviluppato nel corso
della storia occidentale, ma, in definitiva, anche non occidentale,
è sostanzialmente antitetico alla personalità fascista come la stiamo
descrivendo in questi appunti.
Ma anche
la donna, laddove acquisisca potere d’ingerenza verso gli altri (classi,
popoli, ecc.), può essere portatrice di tratti marcatamente fascisti. Medesimo
discorso vale naturalmente per i non eterosessuali.
Importante
e dirimente è chi gestisce il potere prescindendo dal sesso, dal genere,
dall’orientamento sessuale
3) amore
per l’ordine coatto e la gerarchia: sottomissione (a un capo riconosciuto) o
sopraffazione (specie verso i deboli).
Mancanza
di autonomia spesso derivata da assenza di figure autorevoli (madre, padre), se
la personalità fascista si manifesta in soggetti prevalentemente sottoposti
all’autorità di un capo. Imposizione della propria ingerenza autoritaria se la
personalità fascista si esprime in ruoli ad alti livelli gerarchici (capi,
ecc.). Pure quest’ultima posizione sembra possa essere derivata da un alterato
rapporto con efficaci e funzionali figure autorevoli le quali avendo assunto
invece caratteristiche autoritarie e coercitive vengono imitate in una sorta di
“identificazione con l’aggressore” (Sandor Ferenczi, Anna Freud). In sostanza
la personalità fascista è congruente con gli atteggiamenti e/o le patologie
sadomasochiste e tuttavia, come scrivo al punto 33, la personalità fascista
quasi mai è sussumibile nell’ambito della patologia mentale.
Nonostante
il pericolo della psichiatrizzazione di fenomeni che invece devono essere
interpretati prevalentemente con categorie storiche, politiche,
geo-politiche e economico-finanziarie, a questo riguardo è interessante lo
studio delle tavole di Rorschach dei gerarchi nazisti processati a Norinberga
nel 1945-6 – i cui protocolli sono giunti a noi dopo ostacoli di vario genere –
fatto dagli psichiatri Niels Peter Nielsen e Salvatore Zizolfi (2005). Ottime
riflessioni sulla personalità fascista sono contenute ne L’universo
mentale nazista (2004) di Niels Peter Nielsen e in altri studi da parte di
psicologi e psicoanalisti che hanno vissuto il nazismo personalmente.
3a) La menzogna
è inoltre il nutrimento sia dello stato fascista nei confronti delle masse sia
del singolo che spesso mente anche a se stesso: non può ragionevolmente credere
di essere l’eletto della storia e nemmeno far parte di una congrega di
prescelti (a meno di menomazioni cognitive conclamate). Vedere: M. Bettettini,
2001, Breve storia della bugia. Da Ulisse a Pinocchio, Cortina;
A. Koyrè, Riflessioni sulla menzogna politica, De Martini, 1996.
3b) Così
la falsità che cerca di giocare sul terreno politico mantenendo
posizioni talvolta marcatamente antitetiche, come faceva Hitler che esaltava
gli interessi proletari nelle assemblee del popolo e gli interessi dei
capitalisti nei comizi in cui questi erano presenti. In un altro punto parlo di
vero e proprio “paraculismo”.
4)
razzismo (i dominatori sono geneticamente tali, le razze inferiori debbono
servirli e loro fanno sempre parte, seppur inetti, della prima categoria) e
nazionalismo (più o meno nazionale, ma anche regionale o addirittura di
quartiere, di squadra, di clan, di comunità).
Generale
tendenza a non tollerare o direttamente disprezzare le differenze, siano
queste attinenti alla geografia, alla religione, alla politica, ecc..
Intolleranza verso il diverso dal soggetto (fascista), quindi sostanziale
autoreferenzialità di quest’ultimo che rimane immaturo, infantile (nel senso
peggiore del termine, ovviamente), incapace di autentici rapporti sociali e
incapace di solidarietà che non sia quella finalizzata al raggiungimento di
obiettivi personali o di gruppo, di partito, di setta.
4a)
Tendenza a polarizzare la società secondo la dicotomia amici e
nemici (C. Schmitt) .
4b)
Ricerca di capri espiatori verso i quali convogliare la frustrazione e le
pulsioni violente che vengono incrementate specialmente dai sentimenti della
vendetta della recriminazione e dell’invidia).
4c)
tendenza a definirsi identitari. L’orientamento identitario elabora un
“noi” (a volte semplicemente un sè, un soggetto autoreferenziale)
caratterizzato da peculiarità culturali, religiose, etniche, politiche e
ideologiche da contrapporre a un “loro” nei confronti del quale si riversano
emozioni e comportamenti aggressivi, di odio, bellici.
Confrontare
anche le posizioni di gruppi, come il nazional-anarchismo,
apparentemente frutto di una sorta di ossimoro politico e sociale.
4d)
sottocultura dell’odio e dell’intolleranza che si manifesta anche nelle curve
degli stadi o nei concerti.
4e) sovranismo,
vedi punto 11a
5) dunque
tendenza alla violenza (anche prezzolata), all’uso di armi e al militarismo.
5.1)
Tendenza all’azione per l’azione.
5.2)
Delinquentismo, propensione ad effettuare atti vandalici, di criminalità comune magari
giustificandoli come azioni politiche.
Nell’ambito
della delinquenza comune, del resto, è più facile assoldare la manovalanza
fascista che in un secondo tempo può (ma non è detto che questo passaggio sia
frequente o ineluttabile) effettivamente convincersi delle più semplici
pseudoteorizzazioni fasciste.
Senza la
delinquenza comune probabilmente non sarebbero state possibili le squadre
fasciste o naziste come strumenti volti alla presa del potere nell’ambito della
società civile (quartieri, fabbriche, campi, scuole, ecc.).
E’ utile
ricordare che sia il fascismo che il nazismo hanno preso il potere a seguito di
mandati elettorali.
La
delinquenza viene selezionata (e poi gestita) come fenomeno utile
quando il potere ha necessità di incutere paura nella popolazione. Chi già ha
una struttura caratteriale delinquenziale ha facilità a convogliare questa
predisposizione in favore di un potere che non va tanto per il sottile e che
inoltre gli permette lo sfogo della violenza.
Inoltre
nelle dittature non vi è molto spazio per quegli atti di violenza che non siano
gestiti dal potere.
La
dittatura fascista e nazista assorbono le componenti delinquenziali della
personalità piegandole e convogliandole entro l’ambito delle loro necessità.
5.3)
atteggiamenti provocatori: prescindendo da una chiara e meditata
conoscenza dei fatti storici certuni, specie giovani senza arte nè parte (mi si
passi l’adagio) si avvalgono all’occorrenza di comportamenti e simbologie
naziste e fasciste perchè sembrano causare risposte che turbano e/o
scandalizzano il pubblico. E’ da vedere se oggi, visto il montare delle
campagne xenofobe, tali atteggiamenti invece di essere giudicati inaccettabili
e provocare scandalo non incrementino invece adesione, condivisione da parte
della popolazione. Da qui il pericolo che le masse si spostino ancor più a
destra e alla fine inneggino a un governo forte in grado di impedire quella che
si interpreta come un’invasione.
6)
sottovalutazione della cultura scientifica e del ragionamento logico e
argomentato logica.
Ragionamenti
semplificati, corrivi e orientati alla facile dicotomia (contrapposizione,
polarità, ecc.).
Supervalutazione
della cultura tradizionale, esoterica, eroica, elitaria, superomista.
Utilizzo
profuso del simbolismo e del mito.
Fiducia
nella prospettiva trascendente (divinità, Fuhrer, regno millenario,
ecc.).
Predilezione
per alcuni miti terra-suolo, il naturismo e il folklore (volkisch). Componenti
queste ultime che, come altre, spesso vengono condivise da personalità
non fasciste, almeno secondo una disamina di superficie. Antimodernismo.
6a)
Anticriticismo: incapacità di svolgere criticamente gli argomenti, specie quelli
politici. Questi sono immancabilmente inficiati di pregiudizi e
dogmatismi che riprendono lo spirito fideistico delle religioni.
Corrività. In luogo del dibattito pacato e razionale si preferisce lo scontro
verbale generico ed eventualmente lo scontro fisico.
7)
gregarismo e/o superomismo-elitarismo.
Culto dei
capi storici del fascismo: Mussolini, Hitler, Franco, ecc. questo culto
attualmente viene posto apparentemente in secondo piano da alcune formazioni fasciste
che prediligono apparire più consone alla contemporaneità. Vedi Casa Pound che
in questo si differenzia per esempio dall’ideologia di Terza posizione fondata
sulla triade dio, famiglia, patria.
8)
ribellismo generico e anti classismo. Ribellismo/qualunquismo più
misticismo. “Uomo della strada” , “mediocre”(W.Reich).
9) amore
per la tradizione, vedi punto 6, il simbolismo, i miti volkisch (folclore
etnico, populismo, ecc.). tendenza al semper idem. Come l’araba
fenice che risorge, sempre uguale a se stessa, nonostante il suo
incenerimento.
10)
predilezione per la società feudale o genericamente gerarchica, le caste
(India, ecc.)
11)
attualmente contro la globalizzazione (salvo desiderare il “Regno millenario”
planetario) e la finanza internazionale che, anche, durante il
Ventennio, era chiamata “plutocrazia”. In queste contrapposizioni
vige un’estrema ignoranza dato che non è possibile contrapporsi alla
globalizzazione — che in definitiva è il nuovo sistema di diffusione
delle merci da parte delle forze capitalistiche — né si può essere contro la
finanza internazionale, predicando poi l’interclassismo o il
cosiddetto corporativismo (mai attuato nella sostanza), fenomeni
consustanziali a questi ultimi. O in ogni modo fenomeni che basano i loro
presupposti non certamente su una radicale manomissione dei dispositivi di
potere ma a su un loro tenue trasformismo, spacciato poi da enfatiche e
“rivoluzionarie” dichiarazioni. Essi infatti non prevedono la scomparsa della
classe padronale ma una commistione tra classi lavoratrici e classi al potere
per gestire (?), a loro dire degnamente, la società. Una vera e propria utopia
– scomodando un termine che tuttavia dovrebbe essere adoperato sempre in contesti
positivi e non in ambiti imbottiti di ipocrisia o di menzogna –
dato che le classi egemoni non possono rimanere tali se non fondandosi sullo
sfruttamento e l’oppressione di quelle che lavorano (o non lavorano sempre per
cause intrinseche alla gestione elitaria delle risorse del pianeta).
11a)
Sovranismo. Sono concepibili, comunque, sovranismi di sinistra
11b)
Populismo declinato diversamente secondo i molteplici contesti storici e
geopolitici. Sono concepibili, comunque, populismi di sinistra.
12) in
maniera sporadica, tendenza all’eroismo, per cause non egalitarie ma
narcisistiche o falsamente onorevoli
13)
materialismo mascherato da spiritualismo, idealismo, misticismo (“merci” e
donne al loro uso e servizio, se uomini; se donne, parimenti; se transgender parimenti).
14)
mancanza di ideali sostanzialmente innovativi/ presenza di ideali asserviti al
potere
15)
prevalenza di impulsività e irrazionalità (vago intuizionismo).
Fissazione allo stadio fallico narcisistico e tendenza al masochismo, usando la
grammatica freudiana
16) culto
del corpo e sua manipolazione: tattoo, body building, sport violenti – dal
pugilato alle arti marziali intese nella loro accezione prevaricatrice –
compresi in ultima istanza i combattimenti dentro le gabbie senza regola
alcuna.
17) accettazione
del dominio padronale e quindi del capitalismo anche definendosi
paradossalmente anticapitalisti (e magari corporativisti, come se fosse
qualcosa di sostanzialmente diverso)
18)
impossibilità ad assumere il ruolo di autentico “rivoluzionario”, come spesso
si autodefiniscono. Vedere a questo proposito la marcia su Roma.
Sono impossibilitati, in altri termini, a concepire una rivoluzione
radicale della società, visto che il fascista copre – e ad essi è sottoposto –
sempre interessi di qualche potere forte (agrari in Italia dopo il biennio
rosso, per esempio) o vuole lui stesso assurgere a ruoli forti e dominatori
(Fuhrer, duce, gradi alti della gerarchia, ecc.).
19)
dogmatismo (incapacità di confrontare dialetticamente le proprie opinioni o
pseudo tali). Un’idea o pratica, ad esempio alimentare, uscendo per un momento
dal contesto prettamente politico, diviene assoluta e quindi fonte di
divario elitistico con gli altri. Comunitarismo (gruppismo, clan, familismo,
ecc.) – che spesso prende il posto del nazionalismo o del patriottismo di
vecchia data – declinato a livello politico ma anche basato su altri
presupposti.
19.1)
Supponenza. Prevalenza di generica ignoranza “riempita” con frasi fatte,
posizioni malamente valutate, nozioni raccolte al solo scopo di convalidare una
pretesa superiorità personale, comunitaria, razzista.
20)
religione come politica o politica come religione
20.1) fede in dio
20.2) paganesimo o
neopaganesimo (vedi Alain de Benoist)
20.3)
attribuzione della categoria “sacro” a diversi referenti nei più vari ambiti.
Sacralizzazione della vita e dell’esistenza nonché a volte, come in de Benoist
panteismo. Tuttavia quest’ultimo intellettuale sembra peschi dai più vari
ambiti concetti e posizioni, tanto che il suo destrismo o anche fascismo
è oramai un’amalgama indecifrabile in prima istanza ma pur sempre connotata da
un’aria di famiglia destrofascista.
21)
fiducia cieca in partito, organizzazione, clan, orda, fondati sui principi
appena esposti
22)
attualmente antiamericanismo
23)
attualmente critici partendo da idee complottiste (specie rifacendosi al complotto
giudaico-massonico di vecchia data) o partecipi, di fatto o sul piano del
desiderio, di macchinazioni complottiste. Complottismo.
24)
riduzione in entrata o in uscita di empatia; atteggiamento… “antipatico”,
provocatorio e spesso forzatamente spavaldo.
25) senso
dell’onore e della gloria acritici e con referenti dozzinali o illusori
26)
idealismo grandioso. Una sorta di “idealismo assoluto” (Hegel) trasposto in
ambito politico
27)
autoidentificazione di sé stesso come fascista (o nazista) che rappresenta
l’elemento irrinunciabile, in fondo, di colui che intende non soltanto porsi
alla maniera fascista nelle relazioni interpersonali che avvia, ma agisce
socialmente, in seno ad un gruppo, a un partito o nelle istituzioni
“totalitarie” per trasformarle o mantenerle nel senso del fascismo storico o
idealizzato. Vedi punto seguente
28)
ambiguità espressa nei programmi delle formazioni fasciste che si esprime a
livello pratico (comportamenti, slogan, uso della violenza, ecc.) con modalità
squadriste. In altre parole, si evitano ipocritamente le categorie
fasciste e naziste nonostante i programmi stessi siano infarciti del loro
spirito. Spirito che si concretizza poi nelle azioni sul territorio.
Attualmente
vi sono anche coloro che, essendo obiettivamente fascisti, rifiutano di
essere identificati col fascismo, considerando questo, ipocritamente e
falsamente, un reperto del passato. Si vedano alcuni esponenti di Casa
Pound (vedasi Simone Di Stefano: incontro su You Tube con Corrado Formigli, https://www.youtube.com/watch?v=12DklmZNFf8).
Ambiguità,
ipocrisia, ignoranza storica, pressapochismo, sono parole che si addicono in
maniera congrua col fascismo contemporaneo e quindi con i fascisti e i
nazisti che da questa ideologia sono manipolati.
29)
anticomunismo, antianarchismo, generico antilibertarismo. propensione alla dittatura,
all’antiparlamentarismo, all’ anti democrazia, all’anti liberismo. Ad eccezione
di momenti storici in cui certi gruppi o partiti fascisti competono in
parlamento (anche Mussolini e Hitler lo hanno fatto) per raggiungere il
potere che trasformano quasi subito in una dittatura più o meno assoluta (a
seconda del grado di penetrazione nel tessuto sociale e politico economico).
Riguardo
al liberismo o al neo liberismo economico (in sostanza il capitalismo seppure
nella sua versione più libera, appunto) esso è rifiutato nella misura in
cui le forze capitalistiche non favoriscono il gruppo o partito fascista.
Evenienza determinante poichè non è possibile assumere posizioni di potere in
una società capitalistica senza avere il sostegno del capitale (vedi Daniel
Guerin, Fascismo e gran capitale, 1936).
30)
tendenza all’infiltrazione in formazioni politiche “di sinistra” (quando ci
sono veramente).
31)
tendenza ideologica a confondere le categorie politiche o sociali (ad esempio
fascismo anarchico, nazimaoismo, nazibolscevismo, rivoluzione conservatrice,
fascismo libertario, ecc.). Oggi questa tendenza è molto diffusa e tende a
convincere che non ci siano differenze reali tra idee politiche anche
apparentemente antitetiche. Nella sostanza invece il fascista è proiettato
verso mete che non possono essere genericamente assunte per il “bene” delle
moltitudini, ma per gli interessi di casta, elitari e dei soliti poteri forti,
occulti e manifesti.
32)
opportunismo becero (paraculismo). Ad esempio: fare una politica di
elargizione beni di prima necessità ai meno abbienti (non immigrati) per
ottenere un’immagine positiva e un voto di scambio laddove si configuri questa
possibilità. Casa Pound adesso ha dei parlamentari e quindi ha
necessità di ottenere consensi a tutti i livelli. Ovviamente i “poveri” per i
fascisti sono solo strumentali – per giunta sostanzialmente disprezzabili
– e funzionali laddove siano in grado di servire ai loro scopi cioè
mediante l’acquisizione di voti parlamentari
33) la
personalità fascista è portata all’uso della forza e quindi predilige lo
scontro fisico invece di quello dialettico basato sul confronto degli
argomenti. Inoltre vi è una spiccata predilezione per la morte, il sangue.
Teschi, ossa, simboli acuminati fanno presagire la violenza in atto, la
sofferenza, la morte appunto (culto della morte mediante varie simbologie come
il teschio ecc.). Rituali rigenerativi che dalla morte, dai cadaveri, dgli
scheletri, dal fuoco, dalla notte, presagiscono una rinascita grandiosa.
La necrofilia
direbbe Erich Fromm (Anatomia della distruttività umana, 1973) è stato
un tratto caratteriale di Hitler e di chissà quanti altri propugnatori delle
pseudo idee fasciste e naziste.
Nella
scelta di queste simbologie si vedono certe analogie con la cultura
cristiana che ha come simbolo appunto un cadavere grondante sangue
e spesso quest’ultima, per far breccia nella mente dei suoi seguaci, parla con
enfasi talvolta terrorizzante di morte, sofferenze ecc e… rigenerazione.
La morte
per rinascere nel paradiso cristiano o nel regno millenario di marca
hitleriana.
34) In
definitiva non si può sussumere la personalità fascista nell’ambito della
patologia mentale, seppure è possibile che talvolta accada. Sono noti alla
storiografia i deliri megalomanici, di Hitler così ben documentati da molti
video che si trovano anche in rete, unitamente alle paranoie che
infestavano il suo comportamento quotidiana. Tratto quest’ultimo che
caratterizza vecchi e nuovi dittatori. Per capire questi ultimi è meglio
mettersi nei loro panni, come sostiene il sociologo, studioso dei movimenti
terroristici, Alessandro Orsini, assumere cioè il loro punto di vista piuttosto
che psichiatrizzarli, operazione che, di fatto, rinuncia alla autentica
comprensione dei fenomeni.
35)
Tendenza alla formazione di gruppi ultras in ambito sportivo, specie
calcistico (CURVE).
36) Guerra
civile etnica in sostituzione di altri tipi di guerra per giungere alla
disintegrazione del sistema mediante la contrapposizione su base razziale dei
contendenti che avverrà su un piano globale seppur partendo da ogni singolo
paese: una sorta di speranza maligna per ottenere la supremazia.
Suprematismo
dell’etnia bianca, occidentale, ariana, ecc. ecc.
37)
Orientamenti estetici verso i toni scuri della gamma cromatica e verso le forme
acuminate o rappresentative di concetti “duri”: angoli, lame, spine, martelli,
ecc. Goebbels parlava di romanticismo di acciaio.
In musica,
orientamento verso composizioni che enfatizzano il senso della tragedia,
dell’assoluto, della forza, della distruzione, ecc.
38) Spiritualismo
e spiritualità (antimaterialismo ipocrita) secondo canoni anche
paradossali che divengono facilmente autocontradditori dato che il fascista
impone con la forza, che è un fenomeno materiale, la sua visione
del mondo agli altri usando per giunta risorse economiche ben lungi dall’essere
qualcosa di spirituale, cioè avulso dalla contingenza e perfettamente radicato
nell “regno” della materialità sotto forma di economia, finanza, capitali che
nonostante siano concetti spesso aleatori non possono sussistere senza lo
sfruttamento del lavoro e l’accumulazione di risorse. In altri termini, in
barba alla spiritualità espressa in modo anche ipocrita e finalizzato
all’interesse privato del singolo, il fascista non può sottrarsi (e come
potrebbe?) alle leggi e ai vincoli della natura e naturale e dei rapporti
sociali determinanti storicamente.
39)
Machismo nei rapporti tra sessi (tra individui).
Patriarchismo in cui la
figura del padre ottiene di nuovo i ruoli di un tempo.
In opposizione al patriarcato
alcuni fascisti predicano l’adesione alle istanze del Matriarcato
secondo Bachofen.
Antifemminismo.
Omofobia, tranne
nel privato (esempio storico a tratti comico è quello di Rohm e
delle SA in cui le pratiche omosessuali erano piuttosto diffuse). Nei campi di
concentramento gli omosessuali erano contraddistinti da un triangolo
rosa.
40)
Tendenza a “superare” la dicotomia destra/sinistra in favore di posizioni
alternative che in sostanza alternative non sono perché sono pur sempre
inscritte in sistemi sociali retti dal capitale (detenuto dai singoli o dallo
stato, ammesso sia possibile una distinzione netta, considerando che le
dinastie economico finanziarie monitorano sempre il terreno socio politico in
cui operano ben attente a non perdere i privilegi maturati a volte nel corso
dei secoli e capaci di “creare” ordinamenti statali che ne tutelino le
ricchezze) e sull’ordinamento gerarchico. Del resto se vi sono avvicendamenti
nella gestione del potere e dell’economia-finanza ciò non significa che vi sia una
trasformazione sostanziale: a certi capitalisti e finanzieri ne subentrano
altri, ma siamo sempre in un regime retto dalle leggi del capitalismo e del
potere.
41)
Tendenze illiberali, nel senso più nobile della parola “liberale” che deve però
sempre essere accompagnata dalla giustizia. La libertà di espressione e di
movimento da sola non caratterizza una società in senso positivo se non è
accompagnata dall’egualitarismo dei punti di partenza e dalla equità rispetto
all’ambito lavorativo, oltreché dalla impossibilità di accumulare
capitali (e qui parlo di capitali ingenti) tramandandoli ai posteri.
42)
Tendenza a credere in entità soprannaturali, dio e mitologie di vario genere,
dato che queste rappresentano l’apice della piramide gerarchica che ogni fascista
ha in mente. Solitamente i loro dei assicurano il bene solo per gli
eletti di turno e non per l’intera umanità, anche se si tratta del dio
cristiano declinato nella medesima maniera, come si evince ad esempio nei
movimenti tipo Ku Klux Klan e nei movimenti evangelici americani o nei
regimi tipo quello spagnolo.
Inoltre
l’eteronomia del fascista non si oppone per nulla alla direzione del più forte
(sottomissione) e chi è più forte e potente di una divinità, seppure soltanto
immaginata e/o desiderata?
Il
discorso può essere articolato anche considerando l’Islam, termine che
sostanzialmente vuol dire sottomesso (come muslim), dato che bisogna
vedere quanto la sottomissione solamente a una divinità nella fattispecie a un
pensiero della divinità, possa, nonostante le apparenze, configurare di
fatto una personalità libera, o meglio sottomessa solamente a dio e non
ad altre autorità temporali. Tolstoj, spesso definito un pensatore anarchico,
diceva che l’unica autorità a cui si sottoponeva era appunto dio: ma se dio è
un’idea, o meglio l’idea che il singolo si fa di un ente astratto, allora egli
è sottoposto soltanto a lui medesimo. Se dio è allora l’uomo è schiavo. Ora,
l’uomo non può, non deve essere schiavo, dunque dio non esiste, diceva
Bakunin. Certo, ma se dio è soltanto, come non può non essere, un’idea del
soggetto e non un’entità dotata di effettiva esistenza nella realtà materiale e
sociale, questa idea è una parte del soggetto (una sua modalità espressiva) che
la tratta come vuole e sente. In altri termini: il soggetto si pone davanti a
se medesimo pur nella plurivocità delle sue espressioni di pensiero e di
comportamento. In questo modo rende conto solo a se stesso e non a un’autorità
che lo sovrasta. E’ libero e autonomo anche se inventa un’idea che
apparentemente è a lui estranea. perché complicare le cose, usiamo il
rasoio di Occam: non vi sono autorità esistenti esterne a noi e agli uomini in
generale se non quelle autorità che davvero possono incidere sul nostro stato
di salute psicologica ed esistenziale (capitalisti, gerarchi, autorità
religiose, ecc.): le costruzioni proiettive della nostra mente creativa possono
sempre essere decodificate, il pensiero critico infatti ha anche questo
onere, e disciogliersi nella realtà dei fatti.
43) Interclassismo e rifiuto
della lotta di classe.
44) nazionalismo e
sciovinismo
45) Volontà
di potenza che rappresenta comunque uno dei tratti basilari della
personalità fascista. Il fascista vuole dominare il mondo, dominare la sua
nazione, dominare il suo gruppo di appartenenza, la sua famiglia e infine,
piuttosto che deprimersi constatata la sua incapacità generale si
sottomette al capo cui fa riferimento, proietta su esso le sue iniziali
fantasie di potenza, ne introietta altresì il ruolo che diviene parte integrante
di se medesimo e infine ne esalta a dismisura la figura. Qui nasce l’eteronomia
che parte, appunto, da una richiesta di autonomia
frustrata, ostacolata, nel raggiungimento della meta.
L’autonomia
di una volontà che si crede potente (che vuol dominare a tutti i costi la
realtà naturale e sociale; l’onnipotenza del pensiero infantile) ostacolata
dalla realtà (principio di realtà freudiano) riduce la sua carica
energetica e al contempo si trasforma nel suo contrario, divenendo eteronomia,
cioè dipendenza da una volontà esterna consustanzaile alla figura del capo.
La
personalità fascista oggi (ma del resto anche ieri) influenzata da un
indefesso individualismo narcisistico tuttavia è sempre pronta a
genuflettersi di fronte al padre-capo-fuhrer-padrone di turno, se questi è in
grado di manifestare un potere adeguato.
46) Antiparlamentarismo,
partito unico, Fuhrer-dux: totalitarismo di destra, fascista e
autoritario – ammesso ci possa essere un totalitarismo di sinistra. Il totalitarismo,
secondo la Arendt, permette di non differenziare il totalitarismo come esiti di
una politica di destra da quello di sinistra. Partendo da questo
presupposto, ne esce senza peccato soltanto la democrazia liberista.
47)
Negazionismo rispetto alla Shoah. Secondo i fascisti la storia, almeno
quella del Novecento, è stata scritta dai vincitori. Adesso spetta ai vinti
correggerne le interpretazioni e riportarle alla pretesa verità dei fatti: revisionismo.
Da notare che la ricerca storica revisiona sempre le interpretazioni elaborate
a partire da documentazioni credibili e oggettive e dalle testimonianze
storiche.
48) Prevalenza della
politica sull’economia.
49) Onore
50) Disprezzo riguardo
all’importanza dei diritti umani
51) Stato
di polizia. “Le peculiarità tipiche del regime totalitario distinte in
un’ideologia che cerca di sovvertire l’ordine sociale vigente; un partito unico
di massa, con a capo un leader che accentra su di sé tutti i poteri politici;
un controllo totale dei mezzi di comunicazione di massa e dei mezzi di
coercizione; un terrore diffuso tramite operazioni della polizia segreta.”
(da una tesi on line)
52)
Pedagogia: l’uomo nuovo.
“Dalla
metà degli anni Venti il regime fascista avviò il più grande esperimento di
pedagogia politica di massa mai tentato nella storia italiana: forgiare una
collettività organizzata di cittadini-sudditi, imbevuti sin dalla più tenera
età di un’ideologia fascista nazionalpatriottica e militarista. Questo
progetto, totalitario nelle intenzioni e propagato attraverso il termine di
«uomo nuovo», divenne una forza trainante del regime, e diede occasione a
gruppi di volonterosi esperti ed educatori di trovare una nuova collocazione
sociale e opportunità di far carriera all’interno del regime, lavorando
«incontro al Duce».” (vedi: L’uomo nuovo del fascismo. La costruzione di un
progetto totalitario, saggi di:
- Lutz Klinkhammer, Patrick Bernhard, L’«uomo nuovo» del fascismo. Tra progetto e azione
- Loreto Di Nucci, Il fascismo e il problema storico della costruzione dell’‘uomo nuovo’
- Alessandra Parodi, «Generazioni di laboratorio»? Tentativi di costruzione dell’uomo nuovo come ʻuomo sanoʼ nel regime fascista
- Monica Cioli, Il mito della macchina nella costruzione dell’«uomo nuovo» fascista
- Fulvio De Giorgi, Il cattolicesimo italiano: un concorrente totalitario
- Luca La Rovere, La formazione della gioventù in regime fascista. La scuola e le organizzazioni giovanili
- Michela Minesso, Costruzione dell’«uomo nuovo» e Stato sociale. L’ONMI negli anni del fascismo
- Patrizia Dogliani, Educazione fisica, sport nella costruzione dell’«uomo nuovo»
- Claudia Mantovani, «Bonifica umana» e prevenzione. Due proposte di «medicina politica» durante il regime
- Roberto Maiocchi, Gli scienziati italiani e la guerra d’Etiopia
- Mariuccia Salvati, Teoria e uso della propaganda nella guerra fascista. Il caso di Camillo Pellizzi
- Giovanni Cerro, Il fascismo e la stirpe mediterranea. La ricezione dell’antropologia fisica di Giuseppe Sergi tra il 1938 e il 1942
- Patrick Bernhard, Creare un ceto agricolo ʻsanoʼ. Razza, suolo e politiche agricole e di insediamento nell’«Asse» fascista
53) Il fascista
può anche essere “oggettivo” (giudizio degli studiosi o di soggetti altri
rispetto all’individuo cui viene emesso il giudizio); in questo caso egli sarebbe
dunque inconsapevole, “inconscio”, nel senso che non avrebbe alcuna ideologia o
consapevolezza appunto in conseguenza delle quali egli si muove tra i
suoi simili seguendo modalità cui solitamente si attribuisce caratteristiche
fasciste. (vedi E. Gentile, Fascismo, in cui esprime perplessità
sull’utilizzo di queste categorie). Del resto, nel primo importante studio di
psicologia individuale e di massa del fascismo (Psicologia di massa del
fascismo, 1933), Wilhelm Reich sosteneva che il fascismo è sostanzialmente
una struttura caratteriale che può caratterizzare anche coloro che professavano
idee di sinistra o chiaramente comuniste. pertanto, seguendo le analisi di
questo autore, il fascismo non è (o non solamente) un partito, ma
una psicolgia fondata principalmente su basi inconsce o a seguito
dall’introiezione dell’ideologia patriarcale e poi capitalistica dominante in
quasi tutte le società occidentali a partire dall’epoca dell’introduzione
dell’agricoltura, circa 10.000 anni fa.
54)
Perversione superegoica, super io primitivo, secondo le analisi
dello psicoanalista Niels Peter Nielsen in L’universo mentale nazista
(pp. 139 sgg).
55)
convergenza controintuitiva con l estremismo islamista sulla base di:
antusionismo e antiebraismo, fede contro ragione, antiamericanismo e
antimodernusmo, masochismo e antifemminismo, ecc. (Cfr. Julia ebner, La rabbia,
2018).
____________________________________________________________________________________________
I tratti caratteriali e ideologici, alcuni dei quali illustrati ampiamente da
Wilhelm Reich (1897-1957) nel suo “Psicologia di massa del fascismo”
(1933), non sono sempre compresenti e tuttavia molti di essi si trovano in
stretta relazione tra loro e quindi sostanziano il carattere, la personalità,
il modo di pensare del fascista (e del “fascista”), quello che potremmo
chiamare il “reticolo fascista”.
La loro prevalenza, la costanza nel tempo, l’accentuazione con cui si manifestano, determina il soggetto segnatamente fascista.
Alcune di queste caratteristiche sono primarie: l’autoritarismo, l’amore per la gerarchia, il culto del capo, il razzismo.
Altre sono diffuse anche in altre personalità, pensiamo, ad esempio, al dogmatismo, alla politica fusa con la religione (islam, fondamentalismi vari), al culto del corpo, oramai generalizzato in tutte le classi sociali, all’anticlassismo tipico di ogni liberismo e del Cristianesimo specie cattolico.
Quanti sono, ad esempio, “antipatici”, privi di empatia, superomisti, razzisti, essendo liberali o ancora finanzieri apolidi, qualunquisti, timorati di dio?
L’antiamericanismo, indubbiamente, è punto di forza anche di movimenti dichiaratamente comunisti o genericamente di sinistra.
Proviamo adesso a fare il discorso invertendo i termini della questione.
Le qualità che si contrappongono dicotomicamente (gerarchia/non gerarchia, razzismo/antirazzismo, ecc.) a quelle elencate diventano invece inammissibili, paradossali, per il carattere fascista.
Non vi è comportamento fascista dove manca la prevaricazione o la dominazione/sottomissione, l’elitismo, la gerarchia, il culto del più forte, del capo.
Non vi è fascismo dove è presente amore per la cultura (che prescinda da quella autoidentitaria), egualitarismo, antirazzismo, critica radicale, capacità di confrontarsi sul piano delle argomentazioni e quant’altro.
Il “carattere fascista” (in assenza di fascismo conclamato), può assumere tutte le sembianze che vuole, ma deve per forza di cose pescare nell’ambito caratterizzante che ho appena elencato.
Detto questo, è evidente che i tratti fascisti possano esulare dai partiti di appartenenza, dai ruoli che ciascuno ha nella società, anche se alcuni ruoli evidentemente sono, al contempo, causa ed effetto di quelle stesse caratteristiche.
O ancora sono disgiunti dal genere, anche se il maschio ha più opportunità di manifestarli. Quindi è possibile che qualche tratto fascista emerga da chiunque, anche da chi si professa coscientemente di altra confessione politica, pure saltuariamente.
Wilhelm Reich parlava di “fascismo rosso” riferendosi a Stalin e ad alcuni dirigenti comunisti che poi lo ostracizzarono violentemente.
Il Fascismo e il Nazismo come strutture ideologiche e politiche apparse nella storia hanno, però, fatto emergere (a loro volta sostenendole) proprio le connotazioni caratteriali e ideologiche appena descritte, perché le più idonee ad ottenere le finalità che quei sistemi politici si prefiggevano.
I fascisti e i nazisti sono il risultato di una selezione tra coloro che meglio si prestavano (si prestano e si presteranno) ad eseguire ordini inumani, attuando comportamenti brutali e crudeli con l’unico scopo di prevalere come individui al servizio di uno stato che volevano potente e prescelto dal destino.
Finalità che del resto si pongono in sintonia, pur ciascuna in modo peculiare, con l’essenza delle società agricole e industriali, da millenni (almeno 10.000 anni), fondate sullo sfruttamento del lavoro e l’accumulo di capitale.
La loro prevalenza, la costanza nel tempo, l’accentuazione con cui si manifestano, determina il soggetto segnatamente fascista.
Alcune di queste caratteristiche sono primarie: l’autoritarismo, l’amore per la gerarchia, il culto del capo, il razzismo.
Altre sono diffuse anche in altre personalità, pensiamo, ad esempio, al dogmatismo, alla politica fusa con la religione (islam, fondamentalismi vari), al culto del corpo, oramai generalizzato in tutte le classi sociali, all’anticlassismo tipico di ogni liberismo e del Cristianesimo specie cattolico.
Quanti sono, ad esempio, “antipatici”, privi di empatia, superomisti, razzisti, essendo liberali o ancora finanzieri apolidi, qualunquisti, timorati di dio?
L’antiamericanismo, indubbiamente, è punto di forza anche di movimenti dichiaratamente comunisti o genericamente di sinistra.
Proviamo adesso a fare il discorso invertendo i termini della questione.
Le qualità che si contrappongono dicotomicamente (gerarchia/non gerarchia, razzismo/antirazzismo, ecc.) a quelle elencate diventano invece inammissibili, paradossali, per il carattere fascista.
Non vi è comportamento fascista dove manca la prevaricazione o la dominazione/sottomissione, l’elitismo, la gerarchia, il culto del più forte, del capo.
Non vi è fascismo dove è presente amore per la cultura (che prescinda da quella autoidentitaria), egualitarismo, antirazzismo, critica radicale, capacità di confrontarsi sul piano delle argomentazioni e quant’altro.
Il “carattere fascista” (in assenza di fascismo conclamato), può assumere tutte le sembianze che vuole, ma deve per forza di cose pescare nell’ambito caratterizzante che ho appena elencato.
Detto questo, è evidente che i tratti fascisti possano esulare dai partiti di appartenenza, dai ruoli che ciascuno ha nella società, anche se alcuni ruoli evidentemente sono, al contempo, causa ed effetto di quelle stesse caratteristiche.
O ancora sono disgiunti dal genere, anche se il maschio ha più opportunità di manifestarli. Quindi è possibile che qualche tratto fascista emerga da chiunque, anche da chi si professa coscientemente di altra confessione politica, pure saltuariamente.
Wilhelm Reich parlava di “fascismo rosso” riferendosi a Stalin e ad alcuni dirigenti comunisti che poi lo ostracizzarono violentemente.
Il Fascismo e il Nazismo come strutture ideologiche e politiche apparse nella storia hanno, però, fatto emergere (a loro volta sostenendole) proprio le connotazioni caratteriali e ideologiche appena descritte, perché le più idonee ad ottenere le finalità che quei sistemi politici si prefiggevano.
I fascisti e i nazisti sono il risultato di una selezione tra coloro che meglio si prestavano (si prestano e si presteranno) ad eseguire ordini inumani, attuando comportamenti brutali e crudeli con l’unico scopo di prevalere come individui al servizio di uno stato che volevano potente e prescelto dal destino.
Finalità che del resto si pongono in sintonia, pur ciascuna in modo peculiare, con l’essenza delle società agricole e industriali, da millenni (almeno 10.000 anni), fondate sullo sfruttamento del lavoro e l’accumulo di capitale.
Parte
seconda
Una
precisazione: la critica al fascismo non esclude la critica ad altri sistemi sociali,
compresa la cosiddetta democrazia o quella che alcuni chiamano la democrazia
senza liberismo. La democrazia spesso ha dimostrato la sua passività di fronte
all’iniquità sociale e al capitalismo internazionale e liberista. L’uso
istituzionale della Resistenza non deve avvallare mai una società come quella
occidentale fondata sulle due caratteristiche menzionate alla fine
dell’articolo.
Monitorare
il fenomeno fascista nel suo versante storico politico e psicologico rimane,
tuttavia, importante anche attualmente.
La
presenza del fascismo, anche come somma consolidata di tratti caratteriali
soggettivi, permette la mano d’opera necessaria per intraprendere vie politiche
autoritarie.
Il
fascismo è una possibilità politica che, come detto altrove (https://andreapitto.wordpress.com/…/polarita-sinistradestr…/),
può, quindi, ripresentarsi nella storia. Non è plausibile, perché non realistica,
sostenere la tesi che il fascismo è retaggio di altri tempi. Al contrario, il
fascismo, è, e sarà sempre, la via estrema intrapresa dai potenti che
gestiscono le sorti di una società quando sentiranno la terra franare sotto le
loro lussuose scarpe.
Parte
terza
Uno studio
sulla “Personalità autoritaria”(1950) è stato condotto da T.W.Adorno e
la sua equipe. Esso tiene in considerazione, partendo anche da premesse
psicoanalitiche, una “scala dell’antisemitismo”, dell’etnocentrismo, del
conservatorismo politico-economico e del fascismo potenziale.
Più vicini
alla contemporaneità sono gli studi di Bob Altemeyer che parla di “tendenze
antidemocratiche” e di autoritarismo di destra e di sinistra.
Alcuni
studiosi, come Jim Sidanius e collaboratori assieme a Felicia Pratto e altri,
hanno proseguito le ricerche sull’autoritarismo, la discriminazione, la
brutalità, l’oppressione e la tirannia, come tendenze insite nella struttura di
determinate personalità.
La “teoria
della dominanza sociale” (SDO) rappresenta il coronamento degli studi appena
citati.
Parte
quarta
Quando si
instaura uno stato fascista (gerarchico, militarista, al soldo di grandi
capitali, anticomunista, ecc.) esso fa emergere, selezionandoli, individui che
hanno molte delle caratteristiche appena citate.
Questi
divengono gli strumenti per mantenere lo stato forte e, al contempo,
quest’ultimo permette al singolo fascista di esplicare liberamente le tendenze
proprie del carattere e dell’ideologia fascista.
La
personalità fascista, com’è ovvio, ha la funzione di facilitare quel potere che
si trova in sintonia con essa.
Così come,
genericamente parlando, il potere fascista, una volta attestatosi su una
determinata società, elargisce soddisfacimenti e stimoli adeguati alle
personalità fasciste che così trovano il loro migliore “lussureggiamento”.
Parte
quinta
Interessante il concetto di Ur-fascismo,
il fascismo perenne/eterno, espresso da Umberto Eco in un articolo sul giornale
la Repubblica (https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1995/07/02/identikit-del-fascista.html?refresh_ce
)
Parte sesta
Rimangono
da menzionare e analizzare criticamente questi fenomeni:
a) il
cosiddettofascismo rosso o fascisti comunisti o camicie nere
di Togliatti o ancora ex fascisti di sinistra, terminologie da
differenziare rispetto al fascismo rosso di cui parlava Wilhelm Reich.
b) il
fascismo sociale. In italia questo fenomeno si riferisce al fascismo della
prima ora e a quello della RSI, la Repubblica Sociale Italiana o Repubblica di
Salò, esperienza che si connette alle terminologie del punto a.
c) il
fenomeno già menzionato di chi si professa nè di destra nè di sinistra
ma che quasi sempre è orientato ai valori e alle finalità che da sempre sono
espresse da raggruppamenti politici ordinariamente di destra, specie da quella
estrema sia pure inquadrata in un ordinamento legalitario (magari
provvisoriamente).
d)
l’antiliberalismo di destra, per esempio quello del filosofo russo Alexandr
Dugin (elabora Evola, Guenon, Heidegger) che teorizza l’impero euro-asiatico.
e) il
nazional-bolscevismo (Partito nazional bolscevico), di Eduard Limonof,
anch’egli teorizzatore dell’impero euro asiatico. Attualmente pare che questo
partito sia fuorilegge in Russia.
Il
bolscevismo viene qui inteso come “marxismo di destra” o “comunismo di destra”
e riprenderebbe idee originarie e poi abbandonate da Marx stesso quando ancora
guardava con interesse al misticismo, alla spiritualità e alle teorie
gnostiche.
f) Il nazi-maoismo,
il nazional-anarchismo e altri movimenti o tendenze affini che coniugano,
come quello precedentemente menzionato, idee rivoluzionarie appartenenti
alla sinistra con idee di destra, autoritarie e sostanzialmente antitetiche a
quelle cui si antepongono storicamente, ma tendenti a rimestare le acque,
consapevolmente oppure no, sottraendo consensi all’insieme di soggetti
politici realmente orientati al cambiamento radicale della società
capitalistica. Dividi et imperat.
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